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«Serietà sui 150 anni dell'Unità d'Italia»

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Sullascelta significativa di questo avverbio, più volte ripetuto, ruota il discorso di Giorgio Napolitano sulla celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. «In fin dei conti – sintetizza – è proprio questo che conta: celebrare con serietà il nostro centocinquantenario». Chiudendo al Quirinale il convegno dedicato al tema «La lingua italiana fattore portante dell'identità nazionale», il capo dello Stato sottolinea: «Possiamo e dobbiamo mostrarci, anche presentando al mondo quel che abbiamo costruito in 150 anni e quel che siano, seriamente consapevoli del nostro ricchissimo e unico patrimonio nazionale di lingua e di cultura e della sua vitalità; e dobbiamo mostrarci seriamente consapevoli del duro sforzo complessivo da affrontare per rinnovare, contro ogni rischio di deriva, il ruolo che l'Italia è chiamata a svolgere in una fase critica e, insieme, ricca di promesse, di evoluzione della civiltà europea e mondiale». Ma per queste celebrazioni bisogna anche evitare inutili polemiche, perché la loro importanza «va ben al di là di ogni disputa sulle modalità festive da osservare o sulle diverse propensioni a partecipare che si sono manifestate». Poi il capo dello Stato è tornato a difendere il valore della nostra carta costituzionale: «Molti principi iscritti in Costituzione – ha spiegato – hanno avuto un'attuazione travagliata e non rapida: ciò non toglie che essi abbiano ispirato in questi decenni uno sviluppo senza precedenti del nostro Paese e che restino fecondi punti di riferimento per il suo sviluppo a venire». E a proposito della scuola pubblica Giorgio Napolitano ha sottolineato «l'approccio innovativo e lungimirante dei padri costituenti, che si tradusse nella storica conquista dell'iscrizione nella nostra Carta del principio dell'istruzione obbligatoria e gratuita per almeno otto anni». Infine una accorata difesa dell'italiano: «Nessuno può pretendere di oscurare l'unità di lingua faticosamente raggiunta», ha avvertito il presidente della Repubblica, esortando ad «affrontare le nuove sfide e le nuove prove per la nostra lingua e per la sua unità», con riguardo anche «alle ricadute del fenomeno internet sulla padronanza dell'italiano tra le nuove generazioni» ma soprattutto «alle spinte recenti per qualche formale riconoscimento dei dialetti». Questo nonostante, ha concluso Napolitano, «l'Italia non possa essere presentata come un Paese linguisticamente omologato nel senso di una negazione di diversità e di intrecci mostratisi vitali».

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