Gentile, nostalgico campione del mondo
Maadesso che la sua carriera di calciatore è finita, in attesa di una nuova panchina, a cinque anni dall'addio all'Under 21, il suo sogno è di tornare in Libia e rivedere la sua Tripoli. E magari lavorarci da allenatore. «Aspetto una svolta in Libia da 50 anni. La mia famiglia fu cacciata che ero piccolo - racconta a proposito del suo Paese di nascita -. Avevo 8-9 anni e Gheddafi decise per legge che chi era nato in quella città non avrebbe potuto più rientrare in quanto era considerato un fascista». Gentile «il libico», con i sui ricci corvini e la pelle ambrata, oggi ha un sogno nel cassetto. «Se Gheddafi cade sicuramente rientrerò, vorrei tornare sul campetto della chiesa di Sant'Antonio a Tripoli». È lì che ha dato i primi calci al pallone, ed è lì che è partito per venire in Italia con i genitori, e cominciare la sua fortunata carriera di calciatore, fino alla notte di Madrid. Oggi suo padre e sua madre sono entrambi ultraottuagenari: lui no, ma loro - racconta - a vedere i disordini e i morti in Libia hanno il magone dentro. «Loro sono i più preoccupati: hanno vissuto in Libia 35 anni, quel Paese è parte della loro vita. Io ero piccolo ma loro lì conoscevano tante persone. Ho cercato tante volte di tornare per riaccompagnarli, ma non è stato mai possibile». Ma adesso se il Colonnello dovesse cadere il sogno della sua famiglia potrebbe avverarsi. Dopo la Tunisia e l'Egitto, la rivolta nel nord Africa sembra dilagare. «È ora che la gente possa scegliere da chi voglia essere governata - ha aggiunto Gentile - . In Libia come negli altri Paesi finora non è accaduto, per questo le persone si ribellano». Per questo almeno lui è quasi sollevato per quello che sta avvenendo. «Preoccupato? No, io non ho più nessuno là, qualcuno che conoscevo ci lavorava ma non è andato a vivere lì».