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Diventa mondiale la tesi sul debito privato

Il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Diventa «mondiale» la posizione dell'Italia sul debito privato, e sul suo inserimento fra gli indicatori per calcolare se un paese provoca squilibri all'economia mondiale. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti esulta al termine dei lavori del G20. L'ha spuntata e ora auspica che questo principio possa essere accolto anche dall'Ecofin e quindi inserito nel Patto di Stabilità. Tremonti ha sottolineato l'importanza di questo passaggio. «In questi mesi c'era la tendenza a dare più importanza al debito pubblico, ora è passata la linea che si considerano insieme la finanza pubblica e quella privata: non è più una tesi italiana ma una tesi del G20, non è più un'invenzione del governo italiano ma una posizione di tutti i governi». Qualora questo parametro dovesse essere inserito nel nuovo Patto di Stabilità europeo, la posizione italiana migliorerebbe in rapporto ai Paesi considerati più virtuosi quali Francia e Germania.   Tremonti ha sempre detto che è vero che la Francia cresce dell'1,5% ma ha un deficit dell'8%. Quanto alla Germania sulla crescita hanno influito le deroghe al divieto di aiuti di Stato e l'aver incrociato la domanda cinese di infrastrutture. Sull'Italia pesa la zavorra del debito pubblico ma è anche vero che il debito privato è basso grazie alla elevata propensione al risparmio degli italiani. Pertanto l'aver imposto al G20 l'inserimento del debito privato fra gli indicatori per calcolare la performance economica di un Paese avrà conseguenze positive per l'Italia. Quanto all'esito del G20 sono state accolte in larga misura le richieste avanzate dalla Cina. Gli indicatori ai quali si ricorrerà per affrontare gli squilibri economici includono il bilancio esterno composto da bilancia commerciale, flussi di investimento netti e trasferimenti, tenendo «nell'adeguata considerazione» i tassi di cambio e le politiche fiscali e monetarie. Non viene quindi utilizzata integralmente la bilancia delle partite correnti e entra invece in gioco la bilancia commerciale, come era stato chiesto da Pechino. Il principale nodo riguardava le colossali riserve di valuta estera detenute dal Dragone, ritenute uno dei principali fattori di squilibrio globale. Nel comunicato finale, però, non ne viene fatta menzione, così come non è stata affrontata la questione dei tassi di cambio reali, accogliendo così un'altra richiesta di Pechino. La Cina, difatti, continua a respingere gli appelli, provenienti soprattutto da Washington, per una rivalutazione dello yuan. Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, si è detto «molto scontento». «Sulla supervisione bancaria è stato fatto molto poco» giacchè la questione di imporre nuove tasse sugli istituti di credito non è stata affrontata.

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