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Salvaguardare le nostre radici

I tre ministri leghisti Bossi, Maroni e Calderoli

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Doveva essere tra le ricorrenze la più condivisa. Il governo ha deciso, il 17 marzo sarà festa nazionale, si celebrano i 150 anni dell'Unità d'Italia, niente lavoro e scuola. Ma i ministri della Lega hanno votato contro. Altro che radici comuni. Quelle a cui aveva fatto riferimento anche Benigni, contestato da Santoro, a Sanremo ricordando il Risorgimento e l'inno. Non è andata bene nemmeno al premio oscar perchè Santoro si è indispettito. Va bene l'unità, ma l'esibizione a Sanremo ha danneggiato la sua trasmissione Annozero. Quando c'è da difendere l'orticello non ci sono compagni o patrie comuni. Mette tristezza il modo in cui il nostro Paese celebra il momento più importante nella vita di una Nazione: la sua nascita. Il 17 marzo del 1861 Re Vittorio Emanuele II assume il titolo di Re d'Italia. E quella legge è la numero 1 del Regno. Che piaccia o meno a Bossi è l'atto fondativo di questo Paese. Andrebbe rispettato. Invece arriviamo dopo 150 anni a festeggiarla e per un anno solo. Una scelta che ai cittadini di altri Paesi sembrerà assurda. Ve li immaginate gli statunitensi mettere in discussione il loro giorno dell'Indipendenza il 4 luglio? O i francesi il 14 luglio? Certamente no. Se c'è una data unificante è proprio quella. È come festeggiare il compleanno. Magari si cessa di ricordare l'anniversario di matrimonio, ci può essere un divorzio a farla odiare, ma la nascita no, si ricorda sempre. Eppure in Italia non abbiamo, non riusciamo ad avere una memoria condivisa nemmeno andando indietro di due secoli. Non solo, ma l'unità non fu un accidente, fu voluta con guerre, atti di eroismo, sacrifici soprattutto dal popolo del Nord. Fu subita da quello del Sud. In Sicilia arrivò Garibaldi, che era nato a Nizza. Il suo vice era Bixio, genovese come Mazzini. E dietro c'era il Piemonte con i Savoia e Cavour. E quel tricolore non è stato ideato a Napoli, ma ha la sua origine a Reggio Emilia. Così quella della Lega appare una posizione grave, censurabile e antistorica. Perché se c'è qualcuno che avrebbe qualcosa da dire è proprio il meridione. La storia la scrivono i vincitori, e i vincitori furono i Savoia. Loro appaiono così buoni e democratici. I cattivi sono gli altri, i Borboni per esempio. Una falsa storia in cui è caduto anche Benigni dipingendo i Borboni come dei pazzi crudeli asserviti agli spagnoli. Mentre gli inglesi non ebbero alcuna parte nell'unificazione italiana? Se c'è qualcuno che ha qualcosa da dire su quel processo unitario è proprio il Sud. Fu occupato. Una conquista militare. Ma non lo fu tanto nell'avventura dei Mille. Gli scontri furono scaramucce e con il sospetto che il generale incaricato di fermare l'eroe dei due mondi fosse stato corrotto, solo così viene spiegata la ritirata di Calatafimi. La vera conquista iniziò subito dopo.   I «cafoni» meridionali non erano poi così contenti di finire sotto i Savoia, e si ribellarono. Furono definiti briganti. Lo Stato italiano invio oltre 200 mila soldati. Il fenomeno fu debellato in pochi anni. Ma a che prezzo. 54 paesi distrutti, con inaudite violenze. I morti furono tantissimi. Qualcuno arriva anche a dire centinaia di migliaia. Il Sud era povero e affamato, ma le tasse raddoppiarono. Tantissimi emigrarono. Le riserve auree del Regno delle Due Sicilie, 5 volte superiori a quelle dei piemontesi furono requisite. E non sarà un caso se a Bronte, proprio qualche mese fa il sindaco ha proposto di cancellare via Nino Bixio per chiamarla via della Libertà. Bixio fece giustiziare i capi di una rivolta contadina. Prima che al Nord spinte secessioniste ci sono state in Sicilia sul finire della seconda guerra mondiale. Storia passata, così come i fondi, pari a 140 miliardi di euro spesi dalla Cassa del Mezzogiorno che non hanno evitato di lasciare il Sud, a 150 anni dall'unità, in una condizione di svantaggio rispetto al Nord. Ma serve rivangare la storia? Sì se delle forze di governo non fanno il più piccolo sforzo per creare almeno un momento comune di storia condiviso. La lacerazione in Italia arriva fino a questo punto? Bossi ha voluto e otterrà il federalismo, ma visto che a Cattaneo e Ferrari fa riferimento occorre forse ricordare che questi studiosi lo ipotizzavano come via per la costruzione dello Stato unitario. Se la Lega ha archiviato l'idea folle della secessione poteva e doveva evitare questa ostentata presa di posizione che rischia di riaprire antiche lacerazioni. Ammetta senza retropensieri che l'Italia, anche federalista, è una, che Roma è la Capitale. Anzi riconosciamoci tutti in questa festa. Gli imprenditori avrebbbero preferito che si lavorasse. Allora aboliamo altre feste. Ma questa no, è la sola che va difesa. Anzi la sola che va ricordata ogni anno. La sola sulla quale non dobbiamo dividerci mai. Soprattutto chi rappresenta una parte della popolazione che questa unità ha voluto o imposto.

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