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Il Pd femminista non vuole la Bindi

Il vicepresidente della Camera Rosy Bindi con la maglietta su cui è stampata la risposta dell'esponente Pd al premier

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Nichi Vendola insiste: Rosy Bindi può guidare la «coalizione democratica» che chiuderà definitivamente l'era berlusconiana. E anche se la diretta interessata sembra infastidita dalla sponsorizzazione che giudica un po' strumentale, è indubbio che il nome del vicepresidente della Camera ha tutte le carte in regola per giocarsi la partita della leadership. Cattolica ma gradita anche a sinistra, capace di scendere in piazza anche quando il partito la temeva, e con la giusta dose di antiberlusconismo in bella evidenza (famosa la sua frase «non sono una donna a sua disposizione» con cui apostrofò il premier in diretta televisiva). Peccato che nel Pd non tutti la pensino così. E poco importa che si tratti di una donna. Poco importa che il suo nome entri in gioco a pochi giorni di distanza dalla manifestazione che ha portato in piazza oltre un milione di donne «indignate». Quando si tratta di poltrone non ci sono quote rosa che tengano. Anche nel Pd, nel partito che si batte per la dignità dell'universo femminile messa a repentaglio dal premier Silvio Berlusconi, è meglio se le donne non sgomitano troppo. Così, in maniera politicamente molto corretta, i vertici democratici hanno cominciato a spiegare perché quello della Bindi non è il nome giusto al posto giusto. Ha cominciato Pier Luigi Bersani: «Per ora l'emergenza è costruire un ampio schieramento di forze sulla base di un progetto di ricostruzione del Paese e solo dopo si dovrà affrontare il tema del candidato alla premiership». Sulla stessa lunghezza d'onda Massimo D'Alema: «Il nostro candidato premier deve essere concordato con tutti, non imposto da una sola parte». Sia chiaro, spiega il lìder Maximo, Rosy è «una persona di grande valore», ma per ora non se ne parla. Al coro si è unito pure il sindaco di Torino Sergio Chiamparino: «Non mi pare si sia aperto alcun concorso per candidato a premier. Di queste cose è bene parlare in prossimità del voto, altrimenti sono solo chiacchiere». E se il Piemonte chiama, la Toscana risponde. Ecco Matteo Renzi: «Non credo sia la candidatura giusta per il prossimo futuro. Se ha voglia di candidarsi, si candidi. Le è già accaduto nel 2007 e non mi pare sia stata una candidatura vincente e temo che non lo sarebbe nemmeno contro Berlusconi». Tra l'altro, aggiunge, «ha già fatto cinque mandati parlamentari, uno al Parlamento europeo e le primarie». Insomma, meglio che pensi alla pensione piuttosto che alla leadership. E poco importa che il nome di Rosy raccolga il gradimento di Romano Prodi, di Pier Ferdinando Casini e di tutto il centrodestra, i Democratici accolgono freddamente la proposta di Vendola. Poco male. Lei, oggi pomeriggio, aprirà la Conferenza delle donne del Pd. Perché non si dica che il partito non tiene in giusta considerazione l'universo femminile.

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