Dall'immunità alle intercettazioni
Il primo passo è stato compiuto ieri, con la relazione di Angelino Alfano in consiglio dei ministri. Dunque, c'è una traccia sulla riforma costituzionale che un Consiglio dei ministri straordinario varerà non prima di due settimane. Ancora deve riunirsi infatti il comitato ristretto di ministri ed esperti chiamato a mettere nero su bianco l'articolato: separazione delle carriere di giudici e pm, doppio Csm, responsabilità civile dei magistrati, creazione di un'Alta corte per i procedimenti disciplinari delle «toghe» e, tra l'altro, attribuzione di maggiori poteri al ministro della Giustizia. E nulla toglie - rilevano fonti di maggioranza - che il premier possa far valere come «legittimo impedimento» la sua eventuale partecipazione al comitato suddetto, che nasce in base all'articolo 6 della legge 400 del 1988. Proprio una delle norme citate dalla legge sul legittimo impedimento. Il premier dunque impone tempi stretti e chiede di far presto non solo sulla riforma costituzionale, ma anche sulle intercettazioni e sull'immunità parlamentare prevista dal vecchio articolo 68 della Costituzione, temi dei quali si è accennato soltanto durante il Consiglio. Il segnale è chiaro: il governo è - per usare un latinismo caro al premier - "compos sui", perfettamente in grado di esercitare le sue funzioni e determinato ad andare avanti. E la riforma della giustizia è uno dei punti centrali del programma del 2008 che, ora che è fallito il "disegno eversivo" di Gianfranco Fini e si può andare avanti senza gli altolà di Fli. Ma per le opposizioni la riforma della giustizia annunciata oggi è soltanto una scatola vuota: una «messinscena imbarazzante, somma dei desideri del premier» (Anna Finocchiaro, capogruppo senatori Pd); una «riforma non a favore della giustizia e dei cittadini onesti,ma dei delinquenti» (Antonio Di Pietro, leader Idv); «provvedimenti che servono solo a Berlusconi e ai suoi processi» (Pier Ferdinando casini, leader Udc); «una fantomatica riforma per intimidire e controllare la magistratura e ad alimentare lo scontro istituzionale» (Donatella Ferranti, capogruppo in commissione Giustizia alla Camera Pd). E mentre il leader del Pd Pierluigi Bersani rinnova al premier l'invito di far un passo indietro, il portavoce del Pdl Daniele Capezzone spiega invece che «si apre la strada a una riforma liberale della giustizia che sarà letteralmente storica, e avvicinerà finalmente l'Italia ai migliori standard delle democrazie occidentali».