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Alle signore chiacchiere I maschi si tengono il potere

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Oggial centro del centro sembra esserci il disprezzo per la donna o, meglio, per un certo tipo di donna: politicamente vicina, più o meno, al Cavaliere o che piaccia, più o meno, al premier. Fra le infinite contraddizioni di una sinistra che dalle donne non si sa bene cosa voglia e per le donne non si sa bene cosa faccia c'è anche questo. A parte strumentalizzarle quando scendono in piazza per urlare «Berlusconi dimettiti», incuranti di vederle tornare indietro rispetto al cammino fatto in nome del femminismo che aveva animato le loro madri che rivendicavano la parità formale dei sessi, la gestione dell'utero senza limiti e finalità. Quelle donne degli anni '70, combattive e intraprendenti, gonnellone a fiori, zoccoli e vera Tolfa a tracolla chiedevano una parità che significava non avere più soggezione del mondo maschile, chiedevano di stare in un partito, non solo per fare la diffusione dell'Unità, lavorare per il tesseramento, organizzare i comizi e le manifestazioni, ma per diventare «organiche» cioè fare carriera e arrivare in segreteria o in federazione. Qualcuna ci è riuscita, ma poi negli anni '90 l'allora Pci cominciò a tagliare i costi e le prime a farne le spese furono proprio le donne che si ritrovarono praticamente «disoccupate». Quelle donne, qualche loro figlia e qualche nipote, ancora oggi combattono con un partito democratico (solo di nome) e progressista (non nei fatti) per far valere i loro diritti, per non essere soltanto una quota rosa, perché «investire sulle donne è una necessità di sviluppo del Paese», perché la «crescita della qualità e della quantità delle donne nei luoghi istutuzionali della decisione politica attiene a una generale e profonda trasformazione della politica in senso democratico», dimenticando che il Male assoluto, il sultano di Arcore, ha cinque ministre nel suo governo...(certo, sempre secondo la sinistra una troppo bella, una rompicoglioni, una ministronza... ma tant'è). A sinistra quando le donne chiedono più presenza nei ruoli istituzionali ottengono in cambio solo promesse. Nessuna donna è stata candidata nelle varie primarie d'Italia. La corsa solitaria della Bonino alla presidenza della Regione Lazio ha dimostrato come un partito fatto di uomini non si mette a competere con una donna. L'ultimo caso di finta parità arriva sempre dal democraticissimo Pd: Romano Prodi, come leader morale dopo la caduta dell'immorale imperatore Berlusconi, ha lanciato la candidatura di Rosy Bindi, una donna che ha già dato buona prova come ministro, decisamente cattolica, fortemente antiberlusconiana, insomma, la persona giusta su cui puntare. E se nel partito il segretario diplomaticamente frena, il giovane sindaco di Firenze dice «che a 60 anni appartiene al passato, non è il nuovo che serve», la bocciatura più tranchant arriva proprio da una collega di partito, Giovanna Melandri, che stronca la candidatura affermando: «Bindi non può federare un'alleanza da Vendola al Terzo polo». Eccolo il nodo, sempre lo stesso: la donna non è al centro.

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