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Il Finimondo di Gianfranco

Gianfranco Fini

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Travolto dall'ira e dalla frana del suo partito. Gianfranco Fini, dopo un giorno di silenzio passato ad osservare il veloce disfacimento di Futuro e Libertà ha deciso di intervenire con un articolo pubblicato oggi sul Secolo, l'ex giornale di An diventato organo ufficiale di Fli, e ieri sul periodico online FareFuturoweb, l'organo della fondazione di Adolfo Urso. Un intervento – anticipato alle agenzie – che trasuda rancore verso i parlamentari che uno dopo l'altro stanno lasciando Fli, accusati da colui che dovrebbe essere arbitro imparziale di essere dei venduti al potere economico e di informazione di Berlusconi. Un attacco frontale, durissimo, senza precedenti da parte di un presidente della Camera nei confronti dei propri colleghi. E che tradisce anche la paura che il partito al quale ha dato vita solo una settimana fa si stia avviando a una veloce decomposizione. Per un motivo che fa parte della storia personale dell'ex leader di Alleanza Nazionale: il vizio di decidere sempre e comunque da solo. Senza accettare il dissenso. Era così dentro An – spiega chi ha condiviso con lui un pezzo di strada e poi è rimasto nel Pdl – ed è così anche dentro Futuro e Libertà. Il «golpe» con il quale ha deciso di dare le chiavi del partito al falco Italo Bocchino ha infatti segnato un punto di non ritorno con tutta l'ala moderata del partito, con i senatori e con qualche deputato. Gli stessi che oggi Fini accusa senza giri di parole di essere dei venduti. «Sarebbe davvero inutile negare l'evidenza – scrive il leader di Fli – il progetto di Futuro e libertà vive un momento difficile, sta attraversando la fase più negativa da quando, con la manifestazione di Mirabello, ha mosso i primi passi. Le polemiche e le divisioni esplose dopo l'Assemblea Costituente di Milano hanno creato sconcerto in quella parte di pubblica opinione che ci aveva seguito con attenzione e ovviamente fanno gioire i sostenitori del presidente Berlusconi, che già immaginano di allargare la fragile maggioranza di cui godono alla Camera». Parole rancorose che diventano ancora più livide nel capoverso successivo: «Ipotesi verosimile, vista l'aria che tira nel Palazzo e le tante armi seduttive di cui gode chi governa e dispone di un potere mediatico e finanziario che è prudente non avversare direttamente». Ma per Fini tutto questo è un fenomeno limitato al Parlamento. La sua ciambella di salvataggio dovrebbero essere gli elettori stufi di Berlusconi. «Eppure proprio qui sta il punto che ci deve indurre a perseverare senza eccessivi timori circa il futuro – scrive – La difficoltà di Fli e la ritrovata baldanza dei gerarchi del Pdl sono infatti fenomeni tutti interni al ceto politico, sentimenti di chi teme per il proprio status di ministro o di parlamentare o di chi aspira a divenire sindaco, assessore o per lo meno consigliere comunale. Nella società il clima è diverso: c'è preoccupazione per la situazione economico-sociale, indignazione per il degrado in primo luogo morale che caratterizza lo scontro politico, sbigottimento per l'immagine negativa che le note vicende danno dell'Italia nel mondo, angoscia per il futuro dei più giovani». Parole, accuse, attacchi che hanno fatto infuriare i due capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato. «Al netto di ogni altra considerazione di carattere politico, e ce ne sarebbero tante – commenta Gaetano Quagliariello – per l'ennesima volta leggiamo con sconcerto giudizi e insinuazioni sulla libera determinazione di membri del Parlamento che il presidente della Camera non dovrebbe permettersi per alcuna ragione». «È francamente sgradevole – rincara Fabrizio Cicchitto – il fatto che avendo mantenuto la doppia veste di leader di partito e di presidente della Camera, Fini parli dei dirigenti del Pdl come dei "gerarchi", del potere "finanziario" del premier, e di "chi teme per il proprio status di ministro o di parlamentare". Comunque questa caduta di stile forse è determinata da una grave difficoltà politica». Ma Fini ha anche la necessità di rassicurare la sua gente che Fli resterà un partito di destra, nonostante Bocchino abbia più volte appoggiato l'idea di una «Santa alleanza» di tutta l'opposizione per battere Berlusconi. «A Milano – scrive ancora il presidente della Camera – Futuro e libertà ha ribadito con chiarezza e in modo unanime (compresi i dissidenti del giorno dopo) che intende difendere questi princìpi e impedire che vengano travolti dal declino del berlusconismo. Ci riconosciamo e intendiamo agire nell'ambito dei valori e della cultura politica del centrodestra, senza alcuna ambiguità né tantomeno senza derive estremiste o sinistrorse. Sappiamo che il nostro è un progetto ambizioso e quindi difficile. Ma soprattutto sappiamo che va spiegato agli elettori più che agli eletti. Ne consegue che è nella società che Futuro e libertà dovrà sviluppare le sue iniziative, tessere la sua rete, organizzare i suoi consensi. E solo quando si apriranno le urne, accada tra poche settimane o tra due anni, sapremo se avremo vinto la nostra battaglia». Per ora Fini sembra aver perso l'unica battaglia che ha giocato, quella di dar vita a un nuovo partito.

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