L'esecutivo che fa economia
C’è una novità: il governo governa. Non è una frottola della propaganda berlusconiana: basta prendere i due giorni più caldi, quelli del rinvio a giudizio per il Rubygate. Ebbene, martedì il Cavaliere è andato in Sicilia assediata dagli sbarchi, ha svegliato dal torpore la commissione europea ottenendo dal presidente Josè Barroso aiuti logistici ed economici per 110 milioni. Vedremo se sarà l'embrione di quel piano Marshall per il Maghreb ipotizzato dal Tempo giorni fa, senza il quale si rischia il disastro sociale e strategico. Nelle stesse ore Giulio Tremonti, da Bruxelles, ha tratto le conclusioni dalla sua due giorni Roma-Reggio Calabria treno più auto, annunciando un piano di sviluppo per il Sud. Il ministro commentando il dato del Pil 2010, in crescita dell'1,1 per cento, ha osservato che la media è frutto di un Nord al livello della Germania, di un Centro “simile alla Francia” e di un Mezzogiorno “dove 20 milioni di abitanti stanno peggio del Portogallo”. L'attenzione meridionalista di Tremonti non è nuova, basta pensare alla Banca del Sud; ora però il responsabile di via Venti Settembre la associa alla formula “bisogna fare di più”, negando il braccio corto. Fino a ieri Tremonti e Berlusconi, nell'iconografia politica, si dividevano con reciproci sospetti la difesa del rigore e quella della crescita. Una situazione a somma zero per entrambi: perché se il ministro gode di rispetto unanime, anche oltre confine, il premier (e solo lui al momento) ha i voti e la maggioranza parlamentare. Che cosa ha intenzione di fare Tremonti? Di inserire nel piano per le riforme che invierà a Bruxelles ad aprile modifiche alle politiche regionali, in particolare una deroga sugli aiuti di Stato non discorsivi della concorrenza (prassi di cui gode la Francia) e una riserva nelle gare d'appalto per le imprese che investano al Sud. Sfruttando da par suo questa norma la Germania ha utilizzato lo stato di crisi per dare fondi pubblici alle banche. Il ministro lo ha ripetuto ieri, presentando a fianco di Berlusconi la moratoria per i crediti alle piccole e medie imprese, sottoscritta con la mediazione del governo (che ha messo agevolazioni fiscali) da Abi, Confindustria e tutte le altre associazioni imprenditoriali: “Adesso si apre una fase diversa: bisogna anche ragionare sulla crescita”. Assai interessante l'analisi su come Germania, Francia, Olanda e Gran Bretagna, tutti paesi a tripla A, siano sono entrati e usciti nella crisi dei debiti sovrani: finanziando massicciamente le banche esposte nelle economie a rischio. In particolare: quelle tedesche e francesi indebitate verso Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo per oltre il 13 per cento, quelle inglesi per oltre il 14, le olandesi per il 15. Le italiane per appena il 2,7. Il ministro ha messo questi dati sul tavolo di trattativa per la nuova governance europea, che senza forti argomenti da parte nostra rischia di produrre un meccanismo di riduzione del debito molto punitivo. La firma finale dovrà essere messa da Berlusconi, proprio nei giorni in cui si aprirà il processo Ruby: e per il Cavaliere dimostrare agli interlocutori che la loro crescita è stata drogata dalla speculazione finanziaria sarà un argomento migliore della sua persecuzione giudiziaria. Anche perché lì il governo giocherà un'altra partita: la candidatura di Mario Draghi alla Bce. C'è chi pensa che Angela Merkel la utilizzerà come moneta di scambio per le misure antidebito, specie dopo il harakiri del candidato tedesco Axel Weber. La si può vedere in un'altra ottica: l'Italia berlusconiana esprime tuttora una classe dirigente di standing internazionale. Sia come sia, saremo presenti su entrambi i fronti. Torniamo a queste ore. Al ministero dello Sviluppo è stato firmato l'accordo definitivo su Termini Imerese. Un miliardo di investimenti pubblici e privati, 3.300 posti di lavoro (il doppio della Fiat), l'uscita da un tunnel che pareva senza speranza. Berlusconi e Tremonti si ritroveranno di nuovo la prossima settimana a discutere di Roma: il piano 2020 della Capitale, una due giorni con imprenditori, banchieri, ministri, soprattutto aziende e fondi esteri. Le imprese chiedono a Gianni Alemanno una svolta su opere pubbliche, casa, banda larga. Il sindaco non ha i soldi né può elemosinarli dal governo. Tremonti non nasconde il malumore per il Campidoglio. I romani sono chiamati a pagare addizionali monstre. Una situazione in apparenza al punto di rottura. Ma anche a Roma si può dimostrare che il governo governa, che gli investimenti sono possibili; e che al centro dell'agenda non ci sono le feste di Tor Crescenza.