Nel Pdl soffia la tremontana
Il comitatino è pronto. Pochi tecnici e fidati che di fatto mettano sotto torchio il ministero dell’Economia. Spulcino per bene carte e documenti per tirare fuori i soldi necessari perché Berlusconi avvii la tanto agognata riforma fiscale. Eccola qua, è l'ultima faida che sta per aprirsi dentro il Pdl. Dove tutti, ma proprio tutti, ragionano ormai sul dopo-Berlusconi. Lui, Silvio, continua a combattere e di primo mattino ribadisce: «Non credo che Napolitano pensi di sciogliere le Camere. E comunque occorre il mio parere. La proposta di Fini delle dimissioni simultanee? Irricevibile». Quindi l'annuncio di voler arrivare a quota 325 deputati di maggioranza. La sensazione diffusa è invece che il Cavaliere abbia iniziato il suo ultimo giro. Può durare 400 metri o un miglio. Chissà. S'avverte suonare la campanella che nell'atletica annuncia il rush finale. Nessuno lo ammette apertamente. Ma non occorrono confessioni, basta assistere ai movimenti di chi cerca di salvare Silvio, chi finge di aiutarlo ma lo fa per riposizionarsi, chi si defila. La scossa che non c'è. È il pallino di Giuliano Ferrara che non a caso ha concluso il suo intervento al teatro Dal Verme sabato scorso: «Basta con queste cose ingessate in cui Berlusconi sembra Breznev. Berlusconi non è Breznev. Lo voglio impegnato nel contraddittorio televisivo, deve parlare di economia. Vogliamo il vero Berlusconi, quello del '94, il Berlusconi libertario». Nello stesso giorno era uscito proprio sul Foglio un commento argomentato dal titolo emblematico: «Ecco il salvadanaio per la frustata». E si riferiva ai quasi nove miliardi in più rispetto al 2009 che ha dato la lotta all'evasione. La conclusione era chiara: «Insomma, caro ministro Tremonti, petulando un po', viene da insistere: possibile che questi 8,5-9 miliardi incassati in più non si traducano - almeno un po' - in differenziale elettrico per la scossa all'economia del Paese?». Mettiamola giù volgare: dentro il Pdl c'è chi ritiene che Tremonti continui a tenere la cassa chiusa perché sta giocando una partita per sé. Se la aprisse, invece, Berlusconi potrebbe mettere mano al taglio delle tasse e risollevarsi. Di qui il comitatino di tecnici che tiri fuori le risorse, prepari un dossier da consegnare al premier in modo da commissariare il titolare del dicastero di via XX settembre. Cattolici liberi. Domenica scorsa Gianni Alemanno ha riunito la sua componente e ha annunciato che d'ora in poi si occuperà solo di Roma. La sua area sarà affidata ad Alfredo Mantovano. Non una frenata, al contrario: è un'accelerazione. Il sottosegretario all'Interno sarà ora impegnato a girare l'Italia in una sorta di campagna elettorale interna per evitare fughe e soprattutto cercare nuovi adepti sul territorio. Il progetto è costituire una sorta di componente cattolica interna. Rapporti privilegiati con Maurizio Sacconi e Roberto Formigoni. Il candidato naturale di ques'area al momento è Giulietto. An uniti. Dopo essersi combattuti per anni fin dai tempi delle formazioni giovanili, gli ex finiani hanno scoperto che in questo momento a loro conviene restare saldi. Regge dunque l'asse Aleamnno-Gasparri-La Russa. A cui si aggiunge anche Matteoli. Il capogruppo al Senato ieri ha detto: «Io difendo Giulio Tremonti». Menti libere. È la componente degli ex Forza Italia, e si chiama Liberamente. Mario Valducci è il braccio armato con i suoi club della Libertà, Mariastella Gelmini è il suo pulsante, Franco Frattini il candidato leader. Si erano aggregate anche Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna. Il ministro degli Esteri sta girando l'Italia, venerdì è stato a Cagliari su invito di Mauro Pili. La prima tappa era stata Firenze con l'organizzazione di Deborah Bergamini. Liberamente ha due persone nel mirino: sbarrare la strada a Tremonti e fare fuori Denis Verdini dal coordinamento nazionale. In attesa di eventi. Claudio Scajola è inabissato ma si muove sotto traccia: ha dalla sua sempre una settantina di parlamentari. Fa incontri, vede gente e molto presto verrà richiamato nella partita. Fuori dalla mischia. Coperti non allineati sono due ministri, Angelino Alfano e Giorgia Meloni. Il primo sarebbe dovuto entrare dentro Liberamente ma il Cavaliere gli ha suggerito di non scendere in campo perché pensa di utilizzarlo come riserva spendibile se la situazione dovesse precipitare. Intanto il ministro della Giustizia, assieme a quello della Gioventù, sta mettendo a punto l'«associazione per i Popolo d'Europa», che dovrebbe diventare una fondazione del Ppe: puntano a volare alto. Le movimentiste. Daniela Santanché e Michela Vittoria Brambilla, spalleggiate da Verdini, si danno da fare, si appropriano della piazza e preparano la battaglia tra la gente.