Se l'Unità d'Italia divide
Mai s’era visto un atto di così greve (o anche grave?) insolenza istituzionale. Luis Durnwalder, il «governatore» di Bolzano che ha anche formalmente giurato fedeltà alla Repubblica italiana, ha risposto picche al garbato, ma fermo richiamo del Quirinale: no, Lui, il politico più potente e ora prepotente dell’Alto Adige ribadisce che non parteciperà alla festa per l’unità d’Italia, come gli ha chiesto di fare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con lettera e argomenti inappuntabili. «Lei rappresenta tutti gli alto-atesini». «Non vengo, non ho niente da festeggiare», è la sintesi dell'incredibile botta e risposta. Esprimendo la sua “sorpresa” e il suo “rammarico” per l'annunciata diserzione di chi guida la provincia di Bolzano dalle celebrazioni del 17 marzo, Napolitano ha scritto a Durnwalder che non può esprimersi a nome di una "pretesa minoranza austriaca”, dato che il presidente della giunta alto-atesina rappresenta anche “le popolazioni di lingua italiana e ladina”, e che “soprattutto la stessa popolazione di lingua tedesca è italiana e tale si sente nella sua grande maggioranza”. Osservazione fondata: basti pensare alla valanga di campioni alto-atesini (Carolina Kostner, Armin Zoeggeler, Alex Schwazer, Christof Innerhofer) felici della loro identità tirolese e italiana, sempre affermata a voce alta, perfino nel ruolo di portabandiera degli azzurri, come la Kostner alle Olimpiadi di Torino. Pretesti, dunque, non è vero che la popolazione di lingua tedesca, consapevole anche della quantità di risorse economiche che l'Italia assegna ogni anno per il benessere e la convivenza in Alto Adige, preferirebbe girarsi dall'altra parte, mentre ogni istituzione della Repubblica ricorda - una volta ogni 150 anni! - la sua appartenenza alla nazione. Se poi si vanno a leggere le motivazioni con cui Durnwalder spiega il suo gesto di rottura, c'è da restare allibiti. Intanto, come anche il Quirinale gli ha fatto notare, il riferimento a una “pretesa” minoranza austriaca di cui il presidente alto-atesino sarebbe paladino, è anacronistico. In nessun documento formale e ufficiale, nazionale o internazionale la minoranza di lingua tedesca a Bolzano viene denominata “minoranza austriaca”. Neppure l'Austria l'ha mai fatto! Neppure nell'Accordo De Gasperi-Gruber del 1946, o nella quietanza liberatoria che il 1992 ha chiuso all'Onu ogni controversia interpretativa su quell'accordo fra Roma e Vienna. È prevedibile immaginare, anzi, che in omaggio ai rapporti eccellenti fra Roma e Vienna, l'ambasciatore austriaco parteciperà con gioia alla festa. Perché nessuno chiede a Durnwalder di recitare Dante a memoria. Il presidente della Repubblica gli chiede, semplicemente, di onorare il suo dovere istituzionale. Per giustificare il diniego, Durnwalder tira fuori che nel 1861 l'Alto Adige non era ancora italiano (lo è dal 4 novembre 1918). Ma allora, seguendo la puerile considerazione, neanche i trentini e i triestini dovrebbero, oggi, partecipare alla festa. Poi il presidente alto-atesino dice che all'epoca, cioè 93 anni fa!, alla popolazione di lingua tedesca non fu richiesto se voleva far parte dell'Italia. Che facciamo, allora, resuscitiamo il Kaiser? Dobbiamo rispiegare anche a un "governatore" perché l'Italia rivendicava il suo diritto al confine naturale del Brennero? Guardare alla storia con risentimento, quasi un secolo dopo gli eventi, non è prova di lungimiranza né di gratitudine. Quella gratitudine che molti alto-atesini, e d'ogni lingua, dimostrano coi fatti per la nazione che li ha aiutati per decenni a crescere nel pieno rispetto della loro identità, e al costo, molto ingiusto e salato, d'aver penalizzato la minoritaria comunità di lingua italiana. Ci si domanda se il governo nazionale possa far finta di niente, di fronte a quest'affronto così piccolo e così grande nei confronti del Quirinale, dell'Italia e degli alto-atesini che non vivono con lo sguardo perennemente rivolto all'indietro, e che sono la maggioranza dei nostri connazionali, lassù per le montagne.