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Fli litiga già sulle poltrone

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Il presidente della Camera, Gianfranco Fini

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Via da Berlusconi ma soprattutto via da suggestive ipotesi di abbracci con la sinistra. Per Futuro e Libertà la prima delle tre giornate dell'Assemblea costituente a Milano è segnata dall'inizio alla fine dal messaggio che i leader di Fli lanciano ai propri sostenitori, non certo entusiasti di sentir parlare di «sante alleanze» con il centrosinistra per arrivare a sconfiggere il Cavaliere. Così ieri da Adolfo Urso a Italo Bocchino da Pasquale Viespoli a Umberto Croppi tutti si sono affannati a «marcare» il territorio nel quale si dovrà muovere il nuovo partito voluto da Gianfranco Fini per contrapporsi a Berlusconi. Ed è per questo che la parola più usata neli interventi dal palco della Fiera di Milano è «destra». Ribaltando su Berlusconi l'accusa di aver tradito il mandato che il Pdl aveva avuto dagli elettori e di aver bloccato la strada delle riforme. Ma nel giorno in cui i finiani scagliano accuse e rivendicano la propria identità, dietro le quinte prendono corpo anche tutti i malumori e le rivalità di un partito che da questa tre giorni milanese deve far uscire anche il nuovo organigramma. Ed è proprio la divisione delle cariche che fa ribollire gli animi. Le «voci di dentro» di Fli dicono che Italo Bocchino dovrebbe diventarne il segretario, è l'ipotesi scatena la delusione e l'amarezza di Adolfo Urso – che dovrà lasciare l'incarico «a termine» di coordinatore nazionale di Fli – e Andrea Ronchi, i due «futuristi» più penalizzati dall'addio ai posti di governo imposto da Fini (uno era ministro l'altro viceministro), i quali oggi si ritrovano con nulla tra le mani. Con neppure uno straccio di incarico dentro Fli. E se Italo Bocchino dovesse veramente diventare segretario si apre anche la corsa al suo posto di capogruppo alla Camera, incarico che fa gola a molti. Ma quella poltrona potrebbe andare a Roberto Menia. E mentre nelle riunioni si decidono posti e incarichi, dal palco della Fiera di Milano, in attesa del discorso conclusivo di domani di Gianfranco Fini, i rappresentanti di Futuro e Libertà si esercitano nel tiro al bersaglio contro il Pdl e Berlusconi. Il presidente della Camera arriva in sala accolto da un applauso alle cinque e venti e nei due minuti di discorso che apre l'assemblea non perde l'occasione per una stoccata: «In un Paese in cui la politica troppe volte si riduce a personale interesse siamo contenti che in tanti si impegnino per la rinascita dell'Italia». Ad ascoltarlo c'è tutto lo stato maggiore del partito, compreso Mirko Tremaglia che non perde un solo intervento. Più defilata, in giro per gli stand che vendono gadget e riviste, c'è anche la ex moglie del leader di Fli Daniela Fini. Adolfo Urso coglie la palla al balzo delle dimissioni del presidente egiziano per uno spericolato attacco alla nostra politica: «Con chi sta l'Italia? Con Mubarak o con i giovani del Mediterraneo che hanno chiesto la libertà? Noi siamo con loro che sono nostri fratelli – rilancia strappando gli applausi della platea e un apprezzamento anche di Gianfranco Fini che lo segue in prima fila – La politica personale e l'amicizia era una forza per Berlusconi quando gli amici erano i leader occidentali Bush, Blair, Aznar. Cosa c'entrano ora Putin, Gheddafi, Lukashenko con quella politica che strappa l'Italia dall'Occidente. L'Italia sembra aver smarrito il suo ruolo nel mondo». Nel mirino di Urso finisce anche il ministro della cultura Sandro Bondi: «Non ce l'abbiamo con lui per quello che è successo a Pompei ma perché non crede nel suo incarico». Poi l'affondo, durissimo: «Da due mesi non va al ministero perché vuole barattare il suo posto con quello di coordinatore del Pdl». Ma quello che più brucia ai finiani è l'accusa di essersi alleati con Pier Ferdinando Casini e con Francesco Rutelli per dar vita all'ennesima piccola coalizione di centro. Così Adolfo Urso spiega quello che invece è l'obiettivo dei futuristi: «Non ci interessa fare un nuovo partitino ma creare il primo Polo, dobbiamo sostituire il vecchio centrodestra in alternativa al centrosinistra». E che questo sia il tasto sul quel battere lo ribadisce anche Italo Bocchino: «Siamo qui per costruire la destra del futuro, chi ha provato a rappresentarla ha fallito». E nell'ammucchiata dei colpevoli finisce anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, accusato di non aver saputo evitare la tragedia dei quattro bimbi rom morti carbonizzati in una baracca di un campo abusivo pochi giorni fa. Alle otto di sera Angela Napoli chiude gli interventi e i futuristi si spostano tutti nel retropalco per la cena preparata da Gianfranco Vissani. Perché anche loro si concedono qualche sfizio.  

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