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Un tuffo nel Regno delle Due Sicilie «Altro che quei cafoni dei Savoia»

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.Sono un dilettante e un napoletano. I miei sono sentimenti, più che idee». Ruggero Guarini ci tiene a non darsi delle arie anche se poi comincia a parlare e capisci che dei Borbone sa vita, morte e miracoli. Soprattutto miracoli, visto che, dice, «il Regno delle Due Sicilie è stato il migliore mentre quello piemontese il peggiore». Ne è convinto, tanto che si definisce «furiosamente duosiciliano». Non è l'unico, ovviamente. Anzi. Oggi il giornalista-scrittore (editorialista anche de Il Tempo) sarà a Gaeta per il convegno «Gaeta e il Sud, a 150 anni dal Regno delle Due Sicilie», una delle iniziative organizzate nel weekend per fare un salto nel passato. Ci saranno dibattiti, mostre, cerimonie, pure una cena con menù storico del 1860-61. Parteciperanno storici, scrittori, musicisti, artisti. Sarà possibile tornare indietro di 150 anni. Mi scusi Guarini, lei è un duosiciliano convinto ma le storie sulla ferocia dei Borbone sono tutte balle? «Tutte balle. Ferdinando II di Borbone, che è stato il più demonizzato, soprannominato, non a caso, Re Bomba, represse i moti del 1848 ma non poteva certo fare diversamente. In ogni caso in tutta la sua esistenza condannò a morte soltanto una persona, si chiamava Agesilao e attentò alla sua vita. Carlo Alberto di Savoia, che invece è considerato un padre della patria, ordinò di impiccare quaranta patrioti». Mi sembra di capire che i Borbone erano molto più moderni dei Savoia... «Esatto. Erano pacifici e amministravano bene. Altro che i Savoia che raddopiarono le tasse e saccheggiarono il banco delle Due Sicilie per restituire ai francesi i soldi avuti in prestito per fare guerre». Anche dal punto di vista culturale non c'è partita tra il Regno delle Due Sicilie e quello piemontese? «Non c'è paragone. Ma lo sa quanti studenti universitari c'erano con i Borbone? Undici milioni. Nel resto d'Italia erano soltanto cinque milioni. E poi il Piemonte ha dato poco o nulla al Rinascimento e al Barocco mentre il contributo del Sud alla storia artistica e musicale è stato enorme. Vogliamo parlare di Cimarosa, Paisiello, Pergolesi che hanno influenzato Mozart? C'erano pensatori come Vico, Giannone, Filangeri. E ancora la grande pittura napoletana: Giordano, Preti, nomi del 6-700 che conoscono tutti». Perché allora la storia esalta i Savoia e non il Sud? «Colpa degli intrighi internazionali. Fino al 1825-30 il Regno delle Due Sicilie fu attaccato dalla Francia ma difeso dall'Inghilterra che fu al fianco dei Borbone ai tempi della rivoluzione». Perché l'Inghilterra era alleata dei Borbone? «Aveva paura di Napoleone e della sua espansione». Poi però le cose sono cambiate. «Il Regno delle Due Sicilie era diventato troppo forte e l'Inghilterra, sconfitta la Francia, voleva conquistare potere nel Mediterraneo». Dunque ha nostalgia per quel Sud... «Vede, dopo il 1861 ci sono stati due fenomeni rilevanti. Innanzitutto la guerra al brigantaggio, in realtà erano semplici contadini che preferivano il Regno delle Due Sicilie all'annessione al Nord. Poi ci fu il fenomeno migratorio: tanti calabresi e siciliani dissero addio all'Italia che era appena nata. Ci sarà un motivo se né il brigantaggio né l'emigrazione esistevano con il Regno delle Due Sicilie». Qual è il personaggio che le è rimasto più impresso nella mente? «Sicuramente Ferdinando I di Borbone. Lo chiamavano re Lazzarone o re Nasone, ebbe un regno molto lungo. Ma anche l'ultimo re di Napoli, Francesco II, morto soltanto dopo un anno di Regno. Allora Napoli era una città fantastica, poi sono arrivati quei cafoni dei Savoia».

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