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Napolitano e Bossi fanno un patto

Giorgio Napolitano e Umberto Bossi

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E ora che Federalismo sia. Sono bastati poco più di quaranta minuti di chiacchierata con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché l'animo del leader del Carroccio Umberto Bossi si rasserenasse. Nessuno sa cosa esattamente si siano detti i due ma sembra che l'occasione abbia permesso a Bossi di dimostrare per l'ennesima volta la sua stima nei confronti del Capo dello Stato. Il Carroccio, così, dopo la «sbandata» della scorsa settimana con la forzatura del decreto legge varato in un Consiglio dei ministri straordinario ma giudicato «irricevibile» dal presidente della Repubblica, si è voluto rimettere in carreggiata impegnandosi a seguire le indicazioni di Napolitano che un entusiasta ministro Roberto Calderoli ha voluto definire «un vero presidente riformista». Ed è stato proprio l'esponente leghista a raccontare alcuni passaggi della chiacchierata al Colle: «È stato un incontro molto cordiale, al di là delle frasi di rito. Il presidente ha voluto essere aggiornato su tutto l'iter del federalismo, sia rispetto al lavoro nelle commissioni, sia rispetto ai numerosi emendamenti che sono stati approvati e condivisi. Ha voluto anche sapere - ha aggiunto - l'iter degli altri decreti legislativi. Mi è apparso molto attento al tema». Un vertice, quindi, che riapre a pieno titolo l'iter parlamentare del decreto che, come spiegano Bossi e Calderoli, vedrà il governo «riferire alle Camere a partire dalla prossima settimana». Un impegno previsto dalla legge delega e sul quale il Colle si era dimostrato intransigente. Un monito che Bossi ha colto al volo facendogli capire che per Napolitano il rispetto del «tragitto» parlamentare è la condizione indispensabile affinché il Federalismo arrivi a compimento. E proprio attraverso il rispetto dell'iter il Colle spera che maggioranza e opposizione trovino un accordo per arrivare a votare la riforma con la condivisione più ampia possibile. Nessuna scorciatoia quindi. E il fatto che Bossi in serata abbia smentito le parole del premier che ipotizzava il ricorso alla fiducia sul Federalismo municipale, è sicuramente un segnale che il Senatùr ha voluto mandare al Quirinale. Ora quindi gli sforzi dei «lumbard» sono tutti volti a riequilibrare le commissioni parlamentari, ad iniziare dalla commissione bilancio della Camera e dalla bicamerale sul Federalismo che ha il compito di valutare i decreti attuativi della riforma. Un compito per il quale la Lega ritiene essenziale la collaborazione del presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Sono del parere che tutti possono migliorare - afferma sibillino Bossi - Fini ci ha detto che il federalismo sarebbe passato, che lo avrebbe votato. Alla fine non ha mantenuto la parola...». In altre parole, il Senatur spera che il leader di Fli non ostacoli i progetti leghisti sulla riforma. D'altronde, sul federalismo si giocano i destini della legislatura perché, come ribadisce Umberto Bossi, «se non passa il federalismo è meglio andare al voto». Una minaccia che il Senatùr ha limato durante il vertice con Napolitano scongiurando che le urne siano vicine e mostrando fiducia nel proseguimento della legislatura. Oggi, intanto, riparte la bicamerale. In programma c'è un ufficio presidenza dove, tra l'altro, si decideranno i relatori per il decreto sul federalismo regionale e per quello sui costi standard per la sanità: due testi che sono ritenuti il cuore della riforma. Infine al Presidente della Repubblica Bossi avrebbe assicurato un corretto comportamento istituzionale anche da parte degli amministratori locali del Carroccio, in occasione dell'imminente festa dell'Unità nazionale. Rassicurazione tutt'altro che banale, all'indomani della richiesta leghista di considerare il 17 marzo una normale giornata lavorativa.

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