Ammucchiata rosa
«Nessuno è perfetto» concilia in «A qualcuno piace caldo» il riccone Joe E. Brown scoprendo che Jack Lemmon non è la vagheggiata musicista collega di Marilyn Monroe ma un «lui» en travesti, dunque virile e peloso. E allora ammettiamolo, signore dell'orgoglio rosa: anche il rampante girotondo di domenica - un urlo contro il Cav più totalizzante di quello di Munch - cela parecchie contraddizioni. Insomma, la lezioncina ai maschi maschilisti con i 117 cortei su e giù per lo Stivale non è senza peccato. E meno che meno libera dal vizio ideologico della superiorità morale e intellettuale della sinistra. Sia chiaro, le donne in tutti gli ambiti hanno una marcia in più ma stanno ancora un passo indietro. Dunque se fosse vero che la mobilitazione guidata dalle sorelle Cristina e Francesca Comencini - registe e figlie di regista, storicamente a sinistra - ha lo scopo di far diventare l'Italia «un paese per donne» niente da obiettare. Ma se, a dispetto della dichiarata trasversalità, cavalca il «Rubygate» per dare la spallata delle donne al Cavaliere, allora è la solita solfa. Le signore scendono in piazza per farsi usare da una politica «maschilista»: priva di strategia, col fiato corto, impaurita del confronto con gli elettori. Eppure, vade retro ideologia, giurano e spergiurano le femministe di domenica prossima. «Siamo bipartisan, venghino tutti, gli uomini che non vogliono essere più i vitelloni anni Cinquanta, le donne di tutti i colori» dice più o meno Angela Finocchiaro in un video cliccatissimo sotto il titolo «Se non ora quando?» che ruba il nome a un romanzo di Primo Levi. Così l'ammucchiata generale ingaggia anche le prostitute, rappresentate da Carla Corso, leader del Movimento per i diritti civili di chi si vende per mestiere. Eccola, la prima contraddizione. Si scende in piazza per affermare la dignità della donna e contro il «Rubygate», ovvero contro il Berlusca che offende tante ragazze (minorenni è ancora da dimostrare) mercificandole. Ma poi si intruppano le lucciole doc. E la giustificazione? Che loro, le donne di strada, stanno in strada per scelta. Anzi, per ideologia, ovvero per provocare la società dei vitelloni che emargina le donne. Che esprit de finesse, che virtuosismo dialettico. Concita De Gregorio, che dirige con battagliero piglio l'Unità, ieri ha dedicato alla tesi il suo «Filo rosso». «Suore e puttane» il titolo, per dire che lei e quelle come lei scavalcano la muffa distinzione. E va in brodo di giuggiole a citare Carla Corso. Che dice, in un'intervistona a seguire: «Noi eravamo in lotta contro il mondo, volevamo rompere l'ipocrisia. Queste ragazze non sono contro ma sono funzionali al sistema». Ma andiamo, Concita: come si fa a credere che le schiere sistemate sui marciapiedi di tutta Italia, le infinite varianti di massaggiatrici a ingresso indipendente, facciano il mestiere più vecchio del mondo come fosse un comizio in piazza San Giovanni? E come si fa a distinguere le puttane storiche dalle escort dell'Olgiettina? Questo non è razzismo? La presunzione della superiorità a prescindere, declinata stavolta nel milieu delle «signorine»? C'è poi la lista delle adepte al «Se non ora quando day». Imprenditrici de sinistra come Inge Feltrinelli, la signora del boa di struzzo. Attrici abituate ai red carpet come Isabella Ragonese o veraci come Lunetta Savino. Sindacaliste dure e pure come Susanna Camusso. Parlamentari strutturate come Anna Finocchiaro. Entra Carla Fracci, e ci si chiede come l'eterea etoile si troverà a urlare accanto all'ossigenata inquilina di una casa d'appuntamento. C'è Flavia Perina, fedelissima di Gianfranco Fini, che per la bionda Eli e il parentame abituato a Montecarlo s'è rovinato l'immagine politica. C'è Lidia Ravera, che può scrivere cento romanzi ma nessuno se la fila se non come autrice di «Porci con le ali», con l'adolescente protagonista da «utero è mio e me lo gestisco io» e quel che ne consegue sulle minorenni con le cosce al vento. E Michela Marzano, che con Mondadori pubblica «Sii bella e stai zitta». Chissà se si troverà accanto a qualche pdiellina col seno rifatto, ammesso che una o due sciure del Cav si ritrovino nella mischia. Certo non Daniela Santanchè, «l'uomo con le palle» che parlando a Il Giornale ricorda non tanto quante donne Silvio s'è messo sulle ginocchia, ma quelle che ha assunto nelle proprie aziende: «Tra Mediaset e Mondadori, fanno 4200. E mica può essersele portate tutte a letto». Insomma, questo girotondo dell'orgoglio delle donne c'ha parecchie smagliature. E però è «funzionale» a un progetto, direbbe la presidente delle prostitute. Piace assai agli antiberluscones dentro e fuori i patrii confini. Il parigino «Le Monde» ci ha sguazzato, ieri. Richiamo in prima, paginone dentro: «Né troie né mamme». Confuse, appunto.