L'ultimo assalto dei pm
Eccolo l'attacco finale, l'armageddon giudiziario, l'impeachment togato per il primo ministro. O adesso o mai più. Ieri la procura di Milano ha chiesto al gip il giudizio immediato nei confronti del premier Silvio Berlusconi per entrambi i reati contestati nella vicenda Ruby, ovvero concussione e prostituzione minorile: «Sussiste l'evidenza della prova». L'ultimo bollettino della guerra fra il Cav e i pm è lungo: i magistrati hanno anche inviato al gip una memoria in cui ritengono non sussistere l'ipotesi «di reato ministeriale» in quanto Berlusconi avrebbe agito «con abuso della sua qualità e non nell'esercizio delle sue funzioni». Lo ha spiegato lo stesso procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, precisando che i pm «non sono vincolati al dispositivo» con cui la Camera ha respinto la richiesta inoltrata tempo fa di perquisire gli uffici di Giuseppe Spinelli, fiduciario del Capo del Governo. Non solo. La procura non chiederà l'autorizzazione alla Camera per alcune telefonate intercettate nel caso Ruby nelle quali parla Silvio Berlusconi. La richiesta non verrà avanzata in quanto tali conversazioni sono irrilevanti ai fini dell'inchiesta. Né ci saranno «attività di indagine in comune con la procura di Napoli» che sta indagando sulle intercettazioni di Sara Tommasi. La palla passa ora al gip Cristina Di Censo che, secondo il codice, ha un termine non perentorio di cinque giorni a partire dalla ricezione degli atti trasmessi dalla Procura per decidere se rigettare o accogliere la richiesta di giudizio immediato per il premier. Il verdetto dovrebbe dunque arrivare non prima di lunedì o martedì prossimo. Tre le possibili opzioni: se il giudice dice sì alla richiesta concordando con i pm sull'evidenza della prova, disporrà con decreto non motivato il giudizio immediato nei confronti del premier. Silvio Berlusconi, nei 15 giorni successivi alla data di notifica del decreto, potrà chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Se non lo farà, il processo seguirà la procedura ordinaria. Se invece il giudice si oppone al giudizio immediato respingendo con decreto non motivato la richiesta della Procura, il procedimento potrà essere riunito a quello contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, dal quale è stato stralciato. Infine, se il giudice dichiarerà la propria incompetenza maturando il convincimento che la competenza funzionale per le indagini preliminare era del Tribunale dei ministri o di un altro giudice, ordinerà la trasmissione degli atti «al pubblico ministero presso il giudice competente» (la stessa procura di Milano, nel caso il gip ritenesse competente il tribunale dei ministri milanesi). Tecnicalità giuridiche a parte, non è la prima volta che le strade (giudiziarie) del Cav e della Di Censo si incrociano: è stato infatti lo stesso gip a ordinare la custodia cautelare in carcere per Massimo Tartaglia, l'uomo che colpì con un souvenir del Duomo il presidente del Consiglio, il 13 dicembre del 2009. Poi ne dispose il trasferimento in una struttura psichiatrica prima di essere assolto, da un altro giudice, per incapacità di intendere e di volere. E fu sempre il gip Di Censo, nel 1999, quando era pretore a Busto Arsizio, aveva assolto Don Luigi Verzè, grande amico del premier e presidente dell'ospedale San Raffaele di Milano, dall'accusa di avere effettuato prestazioni sanitarie in assenza di autorizzazione. A lei, Bruti Liberati ha girato la patata bollente in nome di quella «dialettica delle opposte ragioni» del filosofo John Stuart Mill citata dal pm in conferenza stampa perché «la verità è realmente nota soltanto a chi ha dedicato un'attenzione uguale e imparziale alle opposte ragioni, cercando di vederle il più chiaramente possibile. Un ufficio del pm saggio cerca di portare al suo interno la dialettica delle opposte ragioni». Da Mill a Mills, il passo è breve.