Alemanno e Maroni ancora divisi dai rom

Doveva essere il giorno del chiarimento. E invece lo scontro Maroni-Alemanno si riaccende tingendosi di giallo. All'indomani della nota durissima del Viminale a risposta della lettera inviata dal prefetto capitolino, Giuseppe Pecoraro e avallata da Alemanno, nella quale si chiedono più poteri e risorse per l'emergenza nomadi dopo il rogo in un campo di periferia che ha provocato la morte di quattro bambini, il primo a chiedere un chiarimento è proprio il sindaco di Roma. «Credo che il ministro Maroni non abbia capito il senso della lettera, perché la rischiesta non è di altri fondi per fare le stesse cose ma realizzarne ulteriori e affrontare così il problema dello smantellamento dei nuovi micro campi abusivi. Spero che oggi il ministro comprenda la situazione - incalza il primo cittadino - altrimenti dovremmo denunciare con forza il fatto che non abbiamo strumenti, risorse e poteri per giungere ai nostri obiettivi». Poi il nuovo casus belli della giornata scoppia ai microfoni di Radio Vaticana quando Alemanno annuncia: «Vedrò il ministro Maroni alle 18. È necessario chiarirsi. Non starò più zitto, urlerò se necessario, perché non si può, passata l'emergenza, tornare a un andamento lento». Ed ecco il giallo su un battibecco che sa più di politica e di "orgoglio ferito". Dal Viminale infatti si chiarisce che l'agenda del ministro non prevede alcun appuntamento con il sindaco della Capitale. Poi, da Imperia, il titolare del Viminale cerca di smorzare i toni: «Non c'è nessuna polemica col sindaco Alemanno. Come tutti anche Alemanno ha fatto molto per sistemare le cose. Mi auguro che il piano sia attivato direttamente». Non basta. Lo strappo tra Viminale e Campidoglio ancora c'è. «Ho letto con sorpresa e dispiacere, perché mi è arrivata tramite agenzie invece di riceverla direttamente, la richiesta di altri 30 milioni - ha ricordato Maroni - La prossima settimana ci sarà una riunione con le cinque regioni coinvolte nel piano e valuteremo se le esigenze del Lazio sono motivate. Oggi non mi sembra». Il tam tam va avanti per tutta la giornata tra botta e risposta, con toni a volte accesi altre più garbati. «Nessuna polemica con Maroni solo una difficoltà nello stabilire l'appuntamento per l'agenda del ministro» ha detto poi in serata Alemanno, mentre Maroni risponde stizzito a una domanda dei giornalisti: «Ma sì, vedrò Alemanno, Non so quando ma lo vedrò. Non è il caso di montare un tormentone». Il tormentone però c'è e non è da poco. A stupire sono infatti toni e tempi di un dialogo a distanza tra un ministro e il sindaco della Capitale che fanno comunque parte dello stesso schieramento politico. Forse, fa notare Alemanno, il problema è interno al Viminale. Forse. Oppure si tratta di una cinica strumentalizzazione politica perché al di là del ruolo istituzionale è alla pancia del popolo «verde» che occorre rispondere. In mezzo il mediatore Alfredo Mantovano al quale probabilmente si deve, in tarda serata, il cambio di rotta da parte di entrambi. «C'è un lavoro comune che vede insieme il Campidoglio, il prefetto e il ministero - ha sottolineato il sottosegretario all'Interno -. Entro pochi mesi elimineremo i campi abusivi, sono troppi i campi irregolari. A Roma la stima si aggira attorno a 6.000-6.500 nomadi. Tremila si trovano in campi regolari, per gli altri il prefetto sta ultimando le operazioni perché la sistemazione avvenga nei tempi più rapidi. Non ci sono parti contrapposte - ha ribadito Mantovano - Maroni e Alemanno si vedranno, e saranno messe sul tappeto esigenze e richieste, e come dare loro seguito». L'incontro ci sarà, forse oggi. Ma stavolta non basterà un banchetto conviviale per cancellare tutto e ricominciare all'insegna di una pax tra Lega Nord e Roma Capitale. Servirà molto di più.