Parliamo di Fatima, non di Ruby
Caro direttore Leggo della vicenda di Fatima, e mi fermo a pensare. Fatima aveva solo diciannove anni. La stessa età di molte delle ragazze di cui si parla intensamente, in questi giorni di rinnovata caccia alle streghe, per ragioni molto diverse. A detta di chi l'ha conosciuta, si trattava di una ragazza tranquilla che lavorava: una di quelle persone normali che difficilmente fanno notizia, specialmente se donne, specialmente se estranee a un circuito mediatico pronto a farne, a seconda del caso, eroine o capri espiatori. Fatima è morta, accoltellata nella sua casa, e sulla sua uccisione farà luce la magistratura conducendo le indagini con altrettanta solerzia e celerità, ne sono certa, rispetto alle indagini in corso sulle notti di Arcore. Farlo, e farlo con la stessa determinazione e lo stesso dispendio di uomini e mezzi usato in quei casi, è infatti necessario: non solo per rendere giustizia ai familiari e agli amici di Fatima, ma anche per dare un segnale importante a tutti i cittadini italiani, che vedono concentrare gli sforzi e le attenzioni di chi dovrebbe loro garantire sicurezza e tranquillità verso questioni lontane dal loro quotidiano. E tra loro soprattutto le donne e i bambini, che si confrontano ad armi ancora più impari con la violenza, con l'intolleranza, con la negazione dei propri diritti. Il Governo in carica e il Parlamento che lo sostiene in questi anni hanno lavorato e lavorano per questi cittadini, queste donne e questi bambini legiferando contro la pedopornografia, per la famiglia, la conciliazione e la maternità con l'obiettivo di aumentare le loro difese, inasprire le pene contro i loro carnefici e persecutori ed arricchire la loro consapevolezza e le loro opportunità. Sono provvedimenti che fanno meno chiasso, me ne rendo conto, di iniziative più o meno propagandistiche, di appelli con raccolte di firme, dell'organizzazione di manifestazioni, di indignazioni in diretta TV. Proprio come le vite e le storie di persone come Fatima, come Hina, come Giovanna Reggiani, e oltre i nostri confini come Sakineh e come Asia Bibi che fanno meno chiasso di quelle alla ribalta delle cronache in questi giorni. Almeno fino a quando non diventano prede, fino a quando il loro essere invisibili non si traduce nell'essere completamente indifese, in balìa della forza più bruta. Per assicurare loro la tutela dello Stato, per garantire che le istituzioni siano al loro servizio, per mostrare loro un'attenzione totalmente diversa da quella morbosa e strumentale riservata in questo momento alle donne, in un senso o nell'altro, ma non per questo meno forte e meno efficace non possiamo, non dobbiamo aspettare questo momento per accorgerci di loro. Queste sono per me le donne a cui guardare, le donne di cui accorgersi, le donne per le quali e in nome delle quali dire basta, ogni giorno: perché tra tante Ruby noi non dimentichiamo le tante Fatima.