Il nuovo leader anti-Silvio ha 13 anni
Ma quale Saviano, la nuova icona dell’antiberlusconismo militante, di quelli che ieri hanno messo in scena il remake dei girotondi del 2002 (stesso luogo, ma solo 10mila persone contro le 40mila di allora) ha 13 anni e si chiama Giovanni. Già, un minorenne. Perché se il Cavaliere ospita under-18 ad Arcore, gli anti-Silvio preferiscono farli salire su un palco a leggere messaggi politici. E non parlate di «sfruttamento» perché Giovanni, che davanti al microfono e agli applausi non sembra tradire la minima emozione, ci tiene a far sapere che è lì perché intende condividere con la platea «il mio punto di vista riguardo alla situazione politica italiana, soprattutto riguardo a ciò che proviamo noi giovani». «Sto cominciando ad interessarmi di ciò che succede in Italia - prosegue - e quello che vedo mi suscita molte domande». Quello che segue è un elenco da far impallidire non solo l'autore di Gomorra, ma anche le «gloriose» 10 domande di Repubblica. E non ci sono dubbi sul fatto che queste siano proprio le preoccupazioni che attanagliano un tredicenne italiano. «Perché - esordisce - il presidente del Consiglio si fa i comodi suoi mentre l'Italia è piena di problemi? Perché lui pensa solo a fare festini ad Arcore mentre c'è gente povera e gente come lui che nuota nell'oro? Guardandomi in giro per le vie di Milano vedo una città maltenuta, sporca, inquinata. Perché tutto questo succede? Perché il premier e il governo se ne fregano dell'Italia? Perché ci sono tanti giovani meritevoli senza lavoro e perché il governo non fa nulla per aiutarli? Perché della scuola pubblici ci si occupa solo per tagliare i costi? Perché i modelli dominanti che vengono proposti a noi giovani sono quelli del consumo e dei soldi? Perché le mafie sono ancora così potenti nel nostro Paese e non si fa niente per combatterle?» Quindi una conclusione degna di Bob Dylan: «Ci sono molte domande senza risposta, ma ciò che spero è che con un nuovo governo ci saranno meno domande e più risposte». L'applauso è scrosciante. C'è anche una standing ovation improvvisata. Giovanni se la gode, forse un po' imbarazzato, ma è lui il vero protagonista della giornata. Anche perché il resto può tranquillamente essere derubricato nella categoria del «già visto». Già visti i 10mila che, con una sola voce, gridano «Dimettiti». Già visto il videomessaggio in cui Oscar Luigi Scalfaro si loda per non aver sciolto le camere nel 1994 e incalza: «Non arrendiamoci mai». Già visto Roberto Saviano che parla di «macchina del fango», «voto di scambio», di «un Paese perbene con una minoranza criminale». Già visto lo scrittore che detta la linea alle opposizioni: «Troppe volte parliamo di ciò che non siamo e che non vogliamo, è arrivato il tempo di parlare di ciò che siamo e che vogliamo. Serve l'unità contro l'aberrazione dei frammenti, contro le rendite di posizione anche di chi si oppone, dobbiamo parlare a tutto il Paese». Già visto pure Umberto Eco che paragona il premier a Mubarak («Credevamo che il nostro presidente del consiglio avesse in comune con lui la nipote, invece ha anche un altro vizietto, quello di non voler dimissionare») e lo bolla come «schizofrenico». Già vista Milva che parla di un Berlusconi «malato» che «dovrebbe curarsi». Così come Gad Lerner preoccupatissimo perché il «Paese è in pericolo perché solo i despoti non prendono mai in considerazione di fare un passo indietro». Che dire poi del leader della Cgil Susanna Camusso che, mentre la platea invoca lo «sciopero generale», invoca la «giustizia sociale» e punta il dito contro un'Italia che «ha un serio problema di sessualità»? Niente di orginale. Insomma il PalaSharp (nel 2002 si chiamava PalaVobis) mette in mostra la solita sinistra. Che nove anni fa si aggrappava a Nanni Moretti. E che oggi si affida ad un tredicenne. In effetti qualcosa è cambiato.