In questo momento, con il dibattito politico ostaggio di showgirl e indagini, a tanti Emma Bonino sembrerà un marziano

Lavicepresidente del Senato è determinata più che mai nel coinvolgere tutti nella richiesta all'Onu di una risoluzione. Onorevole Bonino, perché l'impegno italiano contro le mutilazioni genitali femminili? «Intanto perché i diritti umani sono universali e dunque è una responsabilità civile lottare per affermarli. Ma, nello specifico, anche perché questa pratica nefasta non è confinata soltanto nel Sud del mondo ma ci riguarda». Quante sono le immigrate che vivono in Italia a rischio di mutilazione? «Non esistono osservatori o stime. Si parla comunque di 500 bambine all'anno a rischio nel nostro Paese». Ma le istituzioni si danno da fare per combattere questa pratica crudele? «In Italia abbiamo buone leggi di proibizione che stabiliscono anche progetti di informazione che dipendono dal ministero guidato dalla Carfagna, che è molto attenta al tema, ha già organizzato alcune riunioni per lanciare i nuovi bandi. Poi ci sono anche le Regioni». La risoluzione sarà approvata entro l'anno? «Spero di sì. C'è un gruppo di Paesi africani che è impegnato in prima linea. Ma ci sono Stati riottosi. Il Mali, ad esempio, fa resistenza. Ma anche la Sierra Leone, la Liberia e altri. La risoluzione sarebbe uno strumento molto importante anche per l'integrazione». Dunque è ottimista sul raggiungimento dell'obiettivo? «Sono determinata. So che se ci chiudiamo in noi prepariamo meno futuro». Scusi Bonino, ma che effetto fa occuparsi di questi temi mentre il Paese sta dietro a feste e showgirl? «Bè per me, come radicale, non è una storia nuova. Vede, io penso che avere cocciuttaggine su questi temi sia un modo diverso di fare politica. In ogni caso la responsabilità della classe dirigente italiana è di essere sempre più provinciale, chiusa, come se non vivesse nel mondo».