La sinistra si trasforma in agenzia patrimoniale
{{IMG_SX}}Le tasse le ha nel sangue. La sinistra italiana, fedele al principio marxista avrà in cuor suo gioito all'idea di una patrimoniale. Una tassa che colpisce i ricchi, e dunque per antonomasia gli sfruttatori delle masse proletarie e gli indebiti accaparratori del «plusvalore», secondo il vangelo marxista. Ad aprire le danze per favorire il nuovo prelievo è stato l'ex premier, Giuliano Amato, fine e colto economista, entrato nella storia però per uno dei più grandi furti che gli italiani ricordino quando, nel 1992, in una sola notte, mise le mani nei conti correnti di milioni di italiani tosati di 6 lire ogni mille depositate. Il suo ritorno sulla scena non poteva essere migliore e la sua idea di imposizione straordinaria, nobilitata dall'abbattimento del debito pubblico (che è di tutti quando bisogna pagarlo e di pochi quando bisogna crearlo) ha fatto breccia nei cuori dei Robin Hood della sinistra. Che con sottili distinguo hanno aperto con benevolenza inusitata all'ipotesi di tassare case e patrimoni. A favore si è espresso Walter Veltroni, in parte anche l'ex viceministro Vincenzo Visco conscio però della possibilità di favorire nuove fughe di capitali, in questo momento da evitare per non offrire sponde alla speculazione internazionale. Sindacalisti della Cgil ed economisti di area l'hanno salutata come gesto di grande coraggio e di democrazia economica. In ogni caso non è mai arrivata una dichiarazione secca e netta alle tesi di Amato e, successivamente di Pellegrino Capaldo banchiere di lungo corso nella Prima Repubblica, e promotore di una nuova Invim (tassa sulle plusvalenze immobiliari). Mai è stata usata la stessa chiarezza di Silvio Berlusconi che ha messo subito le cose in chiaro: «Con me mai nessuna patrimoniale» ha detto. L'assist della sinistra al premier a quel punto si è rivelato in tutto il suo valore. Anche con tutti i distinguo del caso la sinistra si è ripresentata all'elettorato come il Partito delle Tasse. E gli italiani, anche quelli più indecisi, hanno fiutato il vento che si approssimerebbe nella malaugurata ipotesi che il Cavaliere dovesse essere sostituito dall'ammucchiatona antiberlusconiana. Un vento di tasse, insidioso e tagliente. Un capolavoro di comunicazione al contrario quello del Pd che rasenta l'ingenuità politica. Il Cav li ha stanati. L'opposizione, agli occhi dei contribuenti, è apparsa nella sua veste peggiore: quella statalista alla ricerca di risorse da spendere. Un vantaggio inequivocabile per il Cav che si è eretto a ultimo baluardo contro chi vuole mettere le mani nelle tasche degli italiani a tutti i costi. Al punto che Enrico Letta, che nel Pd rappresenta l'anima illuminata e governativa, è sceso in campo per spiegare che il partito è assolutamente contro la tassa straordinaria. E lo stesso Bersani nella replica all'invito di Berlusconi a un patto per la crescita pubblicato sul Corriere della Sera ha dovuto tra parentesi ribadire che: «Nella nostra proposta sul fisco approvata alla Camera non si parla di patrimoniale». Insomma un dietrofront imposto dall'attivismo del premier che ha costretto l'opposizione a venire allo scoperto sul tema. Così, con il sollievo di molti, per ora il progetto patrimoniale torna nel cassetto. Pronto però a essere ritirato fuori al momento opportuno. In fondo che sia il sogno di ogni vero comunista lo si desume dalla parole di un compagno di lungo corso come Bertinotti: «Ho sempre pensato che la tassa patrimoniale fosse una condizione minima di equità sociale». Chiarissimo.