Indagato chi tocca pm e Fini

L'accusa è la stessa: abuso d'ufficio. Ma il caso del consigliere laico del Csm Matteo Brigandì e quello del ministro degli Esteri Franco Frattini, finiti entrambi nel mirino della procura di Roma, non hanno nulla in comune. O meglio, per tutti e due si tratta di «un atto dovuto», ma di certo colpisce la solerzia con cui i magistrati della Capitale si sono messi all'opera. A dimostrazione che non è vero che la giustizia in Italia non funziona. Dipende. Certe volte bastano un paio di articoli. Il primo è quello che Anna Maria Greco, giornalista de Il Giornale, ha scritto il 27 gennaio. Nel pezzo si parla di un procedimento disciplinare aperto dal Csm nei confronti di Ilda Boccassini nel 1982. Si fa riferimento ad «atteggiamenti amorosi» con un giornalista di Lotta Continua. Ma la notizia è che l'allora giovane sostituto procuratore di Milano si difende invocando il diritto alla privacy. E viene assolta. La domanda nasce spontanea: e la privacy di Silvio Berlusconi e delle sue serate ad Arcore su cui «Ilda la rossa» sta indagando da mesi? Roba di poco conto. La privacy di un pm è molto più importante. Ed ecco il secondo articolo. Lo scrive il giorno dopo Liana Milella su Repubblica. La giornalista racconta di una telefonata tra il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e il presidente del Csm Michele Vietti. Le carte sulla Boccassini, spiega, dovrebbero essere «riservate», come sono finite sul quotidiano? Milella ha la risposta anche se non lo scrive chiaramente. Si limita a dire che il consigliere Brigandì ha chiesto il fascicolo e che poi la Greco ha scritto il suo articolo. Il nesso c'è, ma non si vede. «Sul tavolo di Vietti - prosegue - non è ancora arrivata la formale richiesta dei togati di chiarire come si sia prodotta la fuga di notizie». Insomma, non c'è alcuna azione, ma il tribunale di Repubblica ha già emesso la sentenza: è stato Brigandì. E pace se questo significa «processare pubblicamente» anche un collega. La macchina, ormai, è in moto. Il Csm fa una segnalazione ufficiale alla procura che iscrive l'ex deputato leghista nel registro degli indagati. Poco conta che lui smentisca di aver passato i documenti al Giornale. Viene perquisito il suo ufficio a Palazzo de Marescialli e vengono apposti i sigilli. Contemporaneamente, anche se non indagata, viene messa a soqquadro l'abitazione della Greco e vengono sequestrati il suo pc e quello del figlio. «È un attentato alla nostra professione - accusa la giornalista -. Se non si possono più pubblicare atti vecchi di 30 anni, parte di un procedimento già chiuso, è chiaro che c'è un attacco al nostro lavoro. Quel che mi sembra ancor più grave è la denuncia fatta di una mia presunta fonte, e il mio nome sbattuto in prima pagina da un collega di un altro giornale che mi ha additato prima ancora che vi fosse qualsiasi azione giudiziaria». Quindi racconta la perquisizione: «Sono stata svegliata dai carabinieri prima delle 9. È stata un'esperienza allucinante. Avevano avuto mandato di compiere anche perquisizioni corporali. Hanno rovistato persino nella mia biancheria intima. È normale, in democrazia, che un giornalista venga perquisito in questo modo senza che gli venga contestato alcun reato?» Il centrodestra va all'attacco e parla di «attentato alla libertà di stampa» mentre il segretario generale della Fnsi Franco Siddi sbotta: «Non se ne può più, ora basta». Intanto il Comitato di presidenza del Csm fa sapere di essersi riservato «l'adozione di ogni eventuale ulteriore provvedimento di sua competenza». Insomma la vicenda è solo all'inizio. Così come è solo all'inizio la vicenda che coinvolge il ministro Frattini. Qui a far scattare l'azione della procura è la denuncia di un militante di Fli che contesta la modalità con cui la Farnesina ha acquisito le carte del governo di Santa Lucia in cui si dice che l'appartamento di Montecarlo, ereditato da An dalla contessa Colleoni nel 1999 e venduto nel 2008, è di proprietà di Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini. Gli accertamenti sono affidati al procuratore aggiunto Alberto Caperna. Tra oggi e domani il fascicolo verrà inviato per competenza al tribunale dei ministri. E sempre oggi, riguardo alla stessa vicenda, arriverà la decisione sulla richiesta di archiviazione per Fini e per l'ex tesoriere di An Francesco Pontone indagati per truffa. Frattini in ogni caso si dichiara sereno: «Confido in una rapida e definitiva conclusione della vicenda, iniziata con argomentazioni del tutto prive di fondamento». Vista la velocità con cui la procura di Roma opera in questi giorni non ci sono dubbi.