Federalismo sul filo Ma il Pd si spacca
L'appello è chiaro: «Non dobbiamo votare contro. Sarebbe un gesto incomprensibile. Il Pd non deve intraprendere la strada del "muro contro muro" sul decreto attuativo municipale. Anzi. Deve confrontarsi con la Lega su un tema che, per i comuni italiani, è fondamentale». Daniela Sbrollini, deputata Democratica eletta in Veneto e alla sua prima legislatura, non ci pensa proprio ad alzare bandiera bianca. Non si arrende e, fino al momento in cui la bicameralina sul Federalismo non prenderà una decisione definitiva sul testo del decreto, chiede un gesto di responsabilità al Pd: «Non lasciamo che il Federalismo diventi appannaggio esclusivo della Lega. Non dimentichiamoci che il nostro è un partito federalista. Noi siamo stati i primi, nel 2001, a modificare il Titolo quinto della Costituzione in senso federalista e ora, nonostante il testo del decreto non ci piaccia perché non accontenta le richieste e le esigenze dei sindaci, chiedo a tutti i Democratici di pensare bene alle ripercussioni di un voto negativo. Un "no" secco anche se giusto rischia di fare apparire il Pd, soprattutto in alcuni territori come quelli del Nord Est, come una forza antifederalista. Invece noi dobbiamo sfidare la Lega usando le lore stesse armi. Asteniamoci in Commissione e poi potremmo dire al Carroccio che nonostante il nostro appoggio il loro federalismo è fallito. Emergerà ancora di più come a loro interessi solo fare propaganda. Vogliono incassare il risultato per rivenderselo in campagna elettorale». La Sbrollini non demorde. Ieri sera, durante una riunione di tutti i parlamentari del Pd, è tornata alla carica. Si è fatta portavoce dell'intera direzione provinciale vicentina del partito, dei consiglieri regionali democratici e del sindaco di Vicenza, Achille Variati e ha voluto spiegare come «un'ipotetica astensione permetterebbe al partito di dimostrare di essere coerente con la linea tenuta quando venne votata la legge generale sul Federalismo e poi ci consentirebbe di non essere accusati in modo pretestuoso di essere antifederalisti». Un'eventualità che, soprattutto per chi deve raccogliere i voti al Nord, potrebbe trasformarsi nell'ennesimo favore elettorale nei confronti di una Lega già egemone in quei territori. Gli occhi quindi ora sono rivolti a chi oggi in Commissione dovrà prendere una decisione e nelle speranze della Sbrollini riecheggiano i nomi di quei dieci parlamentari democratici che potrebbero fare la differenza: i deputati Francesco Boccia, Antonio Misiani, Rolando Nannincini, Antonello Soro e i senatori, Marco Causi Giuliano Barbolini, Enzo Bianco, Lucio D'Ubaldo e Marco Stradiotto. E proprio a quest'ultimo la Sbrollini fa riferimento: «Sono sicura che la pensa come me, ne abbiamo parlato molte volte assieme. Alla fine, però, credo che non ci sarà una spaccatura nel voto della bicameralina. Tutti si uniformeranno alla decisione presa dal partito». Poi però, punzecchiando la deputata sull'eventualità che qualche commissario, per evitare il voto, non si presenti in Aula, commenta: «Non escludo che ci possa essere qualche mal di pancia dell'ultimo minuto». Il Pd si spacca. Da una parte i sostenitori del "muro contro muro", dall'altra i dialoganti. Eppure queste divisioni sono ormai una routine nel partito di Pier Luigi Bersani. Basta ricordare un'altro capitolo sul quale il maggior partito di opposizione si è incagliato: le tasse. Da una parte Walter Veltroni che, qualche giorno fa, aveva annunciato di voler reintrodurre la Patrimoniale e dall'altra lo stesso segretario del Pd che ha smentito trincerandosi dietro un «non è nel programma». E in questa diatriba si è inserita anche la Sbrollini. Solo che lei, presa da moto federalista, non si è dilungata sulla Patrimoniale ma sull'Ici, quella che definisce essere «la tassa davvero federalista»: «Sto preparando una proposta di legge che reinserisca l'imposta comunale sugli immobili. Quella era l'unica tassa federalista perché permetteva di raccogliere subito delle risorse economiche da spendere nel territorio». Poi una leggera virata: «Chiaramente andrebbe reintrodotta con l'esenzione delle fasce più deboli come voleva l'allora governo Prodi». Insomma, a sinistra le tasse sono sempre più belle.