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Soprattuttose chi lo fa è uno dei decani del giornalismo italiano. Uno di quelli che a sinistra considerano uno specie di guru della politica. Insomma un «professore». Solo che ieri Eugenio Scalfari nel suo consueto editoriale della domenica su La Repubblica si è lasciato andare ad un clamoroso svarione. L'ex direttore del quotidiano spiega che, nella situazione di degrado e di immoralità nelle quali, secondo lui, sono precipitate le istituzioni, l'unico baluardo rimasto è il Presidente della Repubblica. Ed elenca quali sono le prerogative che la Costituzione assegna proprio al Capo dello Stato su due temi specifici: la formazione del governo e lo scioglimento anticipato delle Camere. «Si tratta di strumenti estremamente incisivi – scrive Scalfari – che vanno dunque usati con la massima ponderazione ma che costituiscono una riserva preziosa quando le strutture istituzionali rischiano di decomporsi in un generale marasma». I due articoli citati dall'editorialista di Repubblica sono l'88 e il 92. Il primo recita: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura». Il secondo dice: «Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Due articoli chiari, cristallini, che spiegano due situazioni precise, ben delineate. E soprattutto differenti. Che cosa fa invece Scalfari? Li unisce, li sovrappone, fondendoli in uno solo. Insomma fa una specie di crasi concettuale. Così scrive: «La costituzione stabilisce che "il presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle Camere e i rappresentanti dei gruppi parlamentari, nomina il presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri». Peccato che questo il testo dei padri costituenti non lo dica. Più avanti c'è un altro errore, meno clamoroso ma comunque «fastidioso». Scrive ancora Scalfari: «L'articolo successivo prescrive che "il governo entro quindici giorni dal suo insediamento si presenta in Parlamento per ottenere la fiducia». Non è così. I giorni sono dieci. È scritto nell'articolo 94 della nostra Carta costituzionale: «Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia». Anche i professori, a volte, sbagliano. Pa. Zap.

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