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Parte l'anno giudiziario Tutti contro il Cavaliere

Silvio Berlusconi

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Se Silvio Berlusconi è contro i giudici, contro il «soccorso rosso delle toghe politicizzate», non si può certo dire che i magistrati italiani (e non solo quelli della procura di Milano) risparmino il Cav. E l'inaugurazione dell'anno giudiziario, celebrata ieri nei ventisei distretti di corte d'Appello del Paese, ne è stata la dimostrazione. Sullo sfondo delle cerimonie ci sono inevitabilmente le indagini sul caso Ruby, gli sfoghi del presidente del Consiglio contro le toghe milanesi e le annunciate (ma non ci saranno) manifestazioni di piazza del Pdl contro la «giustizia politicizzata». I giudici - che per un giorno hanno i riflettori puntati addosso - rispondono al fuoco. «Tutta la magistratura moralmente oggi è a Milano - precisa sin da subito Luca Palamara - Noi diciamo no alle intimidazioni nelle quali si rispolverano fatti di trent'anni fa (il riferimento è agli attacchi mediatici subiti da Ilda Boccassini, ndr) per colpire un singolo magistrato: non spostiamo l'attenzione dal processo alla persona perché in questo modo si mette in ginocchio una fondamentale istituzione dello Stato», spiega il presidente dell'Anm intervenendo da Roma. Dal capoluogo lombardo, invece, il procuratore generale Manlio Minale, pur evitando riferimenti espliciti alle inchieste sul premier, rivendica «l'uso attento e ragionevole» delle intercettazioni da parte dei magistrati. L'accusa di un «ricorso dissoluto - sottolinea - non trova alcun riscontro nella realtà». A Venezia, la presidente della Corte d'appello Manuela Romei Pasetti si limita a dire che «bisogna resistere al fascino di cedere alle difficoltà», mentre il Procuratore generale, Pietro Calogero, cita direttamente il caso Ruby. Calogero non fa mai il nome di Silvio Berlusconi, ma attacca senza mezzi termini degli interventi del capo del governo stigmatizzando l'uso della «tribuna televisiva» da parte del primo ministro: «Ha ribaltato il ruolo dall'accusato ad accusatore in una sorta di processo alternativo, invocando la punizione del magistrato». A Torino, invece, è il procuratore capo Gian Carlo Caselli ad approfittare dell'inaugurazione dell'anno giudiziario per attaccare il Cav: «Nessun leader democratico al mondo ha mai osato sostenere che per fare il lavoro di magistrati bisogna essere malati di mente. Nessun leader democratico al mondo ha mai osato parlare di complotto giudiziario ordito ai suoi danni da magistrati indicati come avversari politici. Nessun leader democratico al mondo, coinvolto in vicende giudiziarie, si è mai sognato di difendersi "dal" processo anziche "nel" processo», attacca. «Ma adesso la misura è colma», sentenzia. E se a Palermo, il procuratore Messineo sostiene che sì, «la partita contro la mafia è ancora aperta, e la stiamo vincendo», ma che proprio in questo momento «lo Stato depone le armi» e a Caltanissetta Scarpinato bacchetta il governo perché il pentito Gaspare Spatuzza meritava la protezione, nella Capitale l'affondo al Cav è lasciato al presidente Anm di Roma e Lazio Marco Mancinetti: «I magistrati hanno da sempre cercato il dialogo, non esiste uno scontro tra politica e magistratura, né noi abbiamo mai fatto resistenza corporativa. Da anni settori della politica attaccano i magistrati, potere neutrale che si limita ad applicare la legge», spiega. La replica del governo ai diversi attacchi provenienti dalle procure di tutta Italia viene affidata al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Da Roma il Guardasigilli insiste sulla necessità della riforma del settore, puntando il dito contro le «resistenze corporative», che «ostacolano qualsiasi tentativo di riforma del sistema giudiziario italiano. È difficile - conclude Alfano - negare l'impegno del governo in materia di giustizia».

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