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La sfida tra lo 007 e il diplomatico

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Lavolontà del «faraone» Hosni Mubarak, 82 anni, espressa chiaramente tre anni fa, è quella di lasciare il testimone al secondogenito Gamal, 47 anni. Soluzione che si allontana sempre più dopo la rivolta che sta minando alle fondamenta il regime. L'ascesa di Gamal è sempre stata osteggiata dai generali pochi propensi ad appoggiare un estraneo alla nomenclatura militare. Gamal Mubarak presidente, ammesso che possa ancora realizzarsi questa ipotesi, avrebbe meno poteri del padre. Ma la rivolta sul Nilo ha cambiato i termini della questione. Washington, pur nell'indecisione della Casa Bianca a mollare il suo fido alleato, non può appoggiarsi a un leader debole in un Paese strategico in Medio Oriente. Ecco materializzarsi nuove candidature per sostituire il malandato e anziano rais. L'opposizione punta sul premio Nobel Mohamed ElBaradei. Ex direttore dell'agenzia atomica dell'Onu, è gradito anche ai Fratelli Musulmani. Ma questo «endorsement» non aiuta ElBaradei a trovare consensi internazionali. Un Egitto in mano alla Fratellanza sarebbe un disastro per tutta la Mezzaluna fertile. Non solo l'Occidente, ma anche Arabia Saudita e Siria non vedrebbero di buon occhio a Il Cairo un governo filo islamista. Così gioca le sua carte Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba: da anni con ottimi rapporti con tutti i governi regionali. Anche Europa e Usa non metterebbero veti. Ma in queste ore salgono le quotazioni di Omar Suleiman, il sornione capo dell'Egis, il servizio segreto egiziano. Ben visto a Washington e a Tel Aviv. Suleiman è l'uomo del dialogo tra le fazioni palestinesi. Uomo forte e baluardo contro i fondamentalisti jihadisti. La sua nomina a vice presidente gli spiana la strada. Omar Suleiman ha il sostegno del partito al governo, dei militari e i Fratelli musulmani lo preferiscono a Moussa. Troppo laico per la loro ideologia.

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