Berlusconi all'attacco Pensa alle elezioni e andrà in piazza
Nero, scuro in volto. Non il solito Silvio Berlusconi, affabile e con la battuta pronta. Chi lo incontra lo descrive addirittura «intrattabile», salvo la pausa serale all'hotel Majestic alla festa di Michela Biancofiore. Per tutto il giorno il Cavaliere ha un chiodo fisso: Fini. Ormai il nemico numero uno. Il premier, chiuso nel bunker di palazzo Grazioli, gli vomita addosso qualunque tipo di accusa. Anche durante il vertice con i big del Pdl, il Cavaliere accompagna il nome del presidente della Camera sempre con un aggettivo negativo. Non solo, ma ormai lo considera un traditore. Di più: uno che è in combutta con i magistrati. Di più: è lui che ha organizzato le inchieste, sapeva tutto, pm e Gianfranco agiscono di comune accordo. Dunque, bisogna attaccarlo. Inchiodarlo su Montecarlo. Ricordargli le sue parole: si sarebbe dimesso se fosse stata dimostrata la proprietà dell'appartamento di Montecarlo da parte di Giancarlo Tulliani. E quindi ora se ne deve andare. Ecco, questo è l'obiettivo finale. Farlo dimettere, mandarlo a casa. E le preoccupazioni del Quirinale? L'indiscrezione che gira nel Pdl è che il Colle avrebbe fatto valere la sua moral suasion facendo notare come il fatto che sia presidente del Camere e anche leader di partito avrebbe creato imbarazzo. Ma Berlusconi, almeno il Berlusconi di ieri, rovescia il discorso. Si aspetta che sia Napolitano a muovere passi per portare Fini alle dimissioni. Poi, nel caso, deporrà le armi. Si cercano una soluzione politica. Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri gli suggeriscono di rilanciare l'azione di governo. Con la riforma del Fisco. C'è anche chi gli suggerisce di avviare subito il taglio delle tasse in modo da riportare l'attenzione su provvedimenti concreti. La discussione, durante il vertice, si concentra sul reperimento delle risorse, c'è anche chi si lancia in attacchi al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Ma Berlusconi non ci sta, si sente sotto assedio e vuole attaccare. Diventa pure provocatorio: e allora tagliamo l'esercito del 50%, gli scappa come battuta. Chi gli sta di fronte si mostra sorpreso: come? In che senso? E lui, sempre più provocatorio: massì, a che ci servono tutti questi soldati... Per non parlare del capitolo Giustizia, il Cavaliere vorrebbe ripartire dal processo breve. Il provvedimento venne fermato proprio dai finiani. Si parla anche di provvedimenti per limitare l'azione dei magistrati politicizzati. Insomma, un Berlusconi di rottura. Che vuole rompere. Non pronuncia mai la parola "elezioni". Non parla di voto. Non si sbilancia. Copre le carte anche con i suoi. Non fa capire le sue reali intenzioni. Ma ormai anche i suoi più stretti collaboratori si stanno preparando alle urne. Pensano agli spazi pubblicitari, al nuovo simbolo, al nuovo nome del Pdl, che molto probabilmente si trasformerà in «Italia delle Libertà». Una riunione operativa si terrà questa mattina in via dell'Umiltà. È già deciso, come anticipato da Il Tempo, che il Pdl scenderà in piazza il 13 febbraio a Milano e in molte altre città «per difendere il premier contro la giustizia politicizzata». In piazza Duomo ci sarà anche il presidente del Consiglio.