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Il dottor Stranamore e la super Ici francese

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Adesso che è (finalmente) intervenuto il Cavaliere si spera che tutte le ambiguità, le incertezze e i rumors di vario tipo e sponda intorno alla patrimoniale torneranno là da dove sono venuti, cioè nel regno del nulla. Silvio Berlusconi ha garantito che mai farà una patrimoniale, ed anzi il suo governo andrà in tutt'altra direzione: liberalizzazioni, progressiva eliminazione della spesa pubblica improduttiva, riduzione di una pressione fiscale «abnorme». Bene, ne prendiamo buona nota ed ovviamente ce ne ricorderemo. Perché di tutto c'è bisogno in Italia tranne che di un prelievo straordinario, naturalmente camuffato con le solite ragioni di ordine superiore europeo. Ed in particolare non c'è bisogno di una patrimoniale immobiliare, la più odiosa e la più pericolosa di tutte perché va a colpire il vero paracadute sociale dell'Italia, il suo grande collante economico e generazionale. La casa, appunto. Resta da capire perché la patrimoniale era divenuta di punto in bianco di attualità. Chiacchiere da accademici sinistrorsi quali le proposte avanzate sul Corriere della Sera da Giuliano Amato e Pellegrino Capaldo? Macchè, quelle sono solo l'aspetto charmant, o per dirla con Giulio Tremonti «da salottini», della vicenda. Perché per esempio il Nens, il pensatoio economico che fa capo all'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ha già da ottobre scorso elaborato un piano fiscale che ha al centro, appunto, la patrimoniale. Vediamolo insieme. È un documento di 13 cartelle intitolato «Prospettive di riforma fiscale in Italia». Alla pagina numero 8, paragrafo 7, si dice testualmente: «Va affrontato il problema della tassazione patrimoniale in Italia» (la sottolineatura è compresa nel testo). E spiega: «L'imposta sul patrimonio oltre ai noti effetti redistributivi e perequativi, presenta anche la caratteristica di non interferire in modo rilevante con l'attività economica, in quanto viene pagata indipendentemente da qualsiasi attività di produzione e di consumo, sicché il trasferimento del prelievo dal reddito al patrimonio avrebbe effetti positivi sull'economia». Diciamolo: ci vuole un bel coraggio nell'affermare che un'imposta patrimoniale, e tanto più sulla casa, non «interferirebbe in modo rilevante con l'attività economica», anzi «avrebbe effetti positivi». Se avete una casa o ne avete comprata una per vostro figlio, e vi trovate improvvisamente a dover sborsare svariate migliaia di euro di tasse, tutto ciò non interferisce con la vostra attività? Se avete uno studio, un ufficio, un laboratorio, un magazzino? Se poi, com'è normale, su questo immobile pagate già un mutuo e sopportate un'ipoteca, che fate se lo Stato vi chiede di contrarre un debito su un debito o accendere a suo favore l'ipoteca di un'ipoteca? Brindate a champagne pensando a quali effetti positivi potrete sprigionare? Eppure il documento degli attuali Pd, ex Ds, entra molto nel dettaglio della patrimoniale, ipotizzando per esempio un «modello francese» con due imposte a carico sia del proprietario sia anche dell'inquilino, che dovrebbero essere per giunta «collegate al valore di mercato». In altri termini, una patrimoniale destinata a rivalutarsi nel tempo: una sorta di super-Ici. Per la quale è peraltro anche previsto «il recupero nella sua forma originaria, senza l'esenzione per la prima casa». Accanto alla gabella sulla casa ne è naturalmente studiata un'altra sulle «grandi fortune». Attenzione, però: per grandi fortune, specificano Visco e compagni, si intendono sia quelle finanziari sia quelle reali. In pratica, oltre ai risparmi, di nuovo gli immobili: la somma dovrebbe dare 790 mila euro o più. Quanto un appartamento medio più dei soldi in banca. Fin qui il Nens. Va detto che nel Pd non tutti sono d'accordo. L'idea l'ha rilanciata al Lingotto Walter Veltroni: proprio così, l'aspirante leader «a vocazione maggioritaria». Ma la respinge il responsabile economico Stefano Fassina, bersaniano. Il che la dice lunga sulla chiarezza di intenti della sinistra su questioni così rilevanti. O almeno: Fassina definisce «sbagliata e iniqua» la patrimoniale nella versione che proposta dall'ex banchiere Pellegrino Capaldo, vicino ai cosiddetti cattolici progressisti. Capaldo non ha suggerito una semplice patrimoniale: calzando i panni del Dottor Stranamore, quello innamorato della bomba atomica, chiede una patrimoniale-super, destinata a colpire l'incremento di valore delle abitazioni con un'aliquota tra il 5 e il 20 per cento, «in modo da ricondurre il debito pubblico sotto al 60 per cento del Pil». Non ci vuole un mago dell'aritmetica: il debito pubblico italiano è oggi quasi pari al 120 per cento del Pil. In valori assoluti più di 1.800 milioni di miliardi di euro. Andrebbe dunque abbattuto di 900 miliardi o poco meno. Quanto dovrebbe sborsare ogni cittadino, ogni famiglia? In base a che cosa? A spanna, fanno 15 mila euro a testa, 45 mila per un nucleo di tre persone. Siete pronti a scucirli sull'unghia per fare un piacere al professor Capaldo, all'onorevole Amato (sì, proprio lui, quello del prelievo nottetempo sui conti correnti nel luglio 1992), ed al Partito democratico?

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