Berlusconi boccia la patrimoniale "Noi mai. Rischio fuga dei capitali"
Una patrimoniale è proprio quello che non ci vuole in questo momento di crescita stentata e soprattutto di elevata pressione fiscale. Le conseguenze per l'economia italiana sarebbero disastrose. Berlusconi boccia senza riserve, in una intervista che uscirà oggi su Il Foglio, le proposte di Giuliano Amato e di Pellegrino Capaldo. Un'ipotesi, quella della patrimoniale sulla quale il Pd tiene una posizione ambigua con il responsabile economico Fassina che ieri, dopo aver capito che l'effetto boomerang era dietro l'angolo, si è affrettato a dire che non è nei programmi del Pd. Anche se l'ex segretario Veltroni parlando giorni fa al Lingotto a Torino, ha proprio rilanciato l'idea di un'imposta sul patrimonio. Lo spettro della più odiata tra le imposte, ha scatenato la reazione ferma del premier. Berlusconi parlando al Foglio è stato chiaro: «Il governo non introdurrà mai una patrimoniale. Con il livello abnorme di pressione fiscale che si registra in Europa e in Italia, con i formidabili ostacoli che si frappongono alla crescita, sarebbe la via più breve per deprimere gli investimenti, mettere in fuga i capitali, impedire le riforme, riaccendere la corsa alla spesa pubblica improduttiva e alla creazione di nuovo debito». La strada da percorrere, dice il presidente del Consiglio, è un'altra e di segno opposto. Ovvero «liberalizzare, privatizzare, riformare e incentivare la crescita dell'occupazione qualificata, della spesa per infrastrutture, dell'istruzione e della ricerca». Tutti punti che costituiscono i pilastri portanti del programma del Pdl così come è stato presentato alle elezioni e che costituisce la stella polare dell'azione di governo. Il pericolo, ventilato d Berlusconi, è che la nostalgia verso questa imposta che è nel Dna della sinistra, finisca per contagiare anche il Terzo polo. Berlusconi quindi si rivolge a entrambi mettendoli in guardia da passi falsi, da tentazioni anacronistiche. «Se il Partito democratico e il Terzo polo - afferma il premier - si lasciassero lusingare da questa cultura old fashion si impiccherebbero all'eterno ritorno dell'identico, metterebbero in luce vecchiume e paralisi intellettuale e strategica». Significherebbe non solo applicare una ricetta vecchia ma soprattutto dannosa perchè tarperebbe le ali alla ripresa. «Siamo perfettamente in grado di fronteggiare in sicurezza gli aspetti anche più scabrosi della crisi finanziaria internazionale. La crescita è dietro l'angolo». Intanto il Pd fa retromarcia. «Il governo non mette la patrimoniale. Il Pd nemmeno» afferma secco il responsabile economico Stefano Fassina. E ricorda che la proposta del Partito democratico «è quella contenuta nella mozione sulla riforma fiscale che il segretario Bersani e l'intero gruppo Pd hanno presentato alla Camera, dove è stata votata a larghissima maggioranza». Poi parte a testa bassa contro il federalismo che, avverte, «fa aumentare le tasse ai Comuni. Sono in arrivo tre nuove tasse: aumento addizionale Irpef, tassa di soggiorno e tassa di scopo». E ieri è arrivata l'ultima versione del decreto sul fisco municipale ed è stata depositata alla Bicamerale. Prevede che i Comuni avranno tempo fino al 31 marzo per aumentare l'addizionale Irpef retroattivamente, a valere sull'anno 2010. A decorrere dal 2011, si legge nel documento, «le delibere di variazione dell'addizionale comunale all'Irpef hanno effetto dal primo gennaio dell'anno di pubblicazione» a condizione che la pubblicazione sull'apposito sito informatico avvenga entro il 31 dicembre dell'anno a cui si riferisce la delibera. «Le delibere relative al 2010 sono efficaci per lo stesso anno d'imposta se la pubblicazione sul sito avviene entro il 31 marzo del 2011». Dal 2014, inoltre, i Comuni con più di 10mila abitanti avranno la possibilità di introdurre gli scaglioni di reddito sulla loro addizionale all'Irpef: «Al fine di garantire la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema tributario è informato, i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono stabilire, entro il limite massimo di aliquota fissato dal decreto, aliquote dell'addizionale irpef differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale». Inoltre la cedolare secca scende al 19% per gli affitti concordati e al 21% per chi si rivolge al libero mercato. Scompare il fondo di 400 milioni per le famiglie in affitto, ma arriva il blocco dei canoni che non potranno essere aggiornati in base all'inflazione. Soddisfatto l'Anci che ha visto accolte gran parte delle sue richieste mentre resta la bocciatura delle opposizioni. Con il Pd che annuncia il voto contrario, senza modifiche sostanziali. Ma Bossi non sembra preoccupato: «alla fine diranno tutti sì, e il federalismo fiscale passerà».