Tasca a destra cuore a sinistra

Roberto Saviano pubblicherà un libro con Feltrinelli e ci informa urbi et orbi che «è contento». Perbacco. Andrea Camilleri spiega al mondo che «Il commissario Montalbano agirebbe nello stesso identico modo nel quale stanno agendo i pm di Milano. Trovate è difficile averne, sarebbero romanzesche e non ce n’è bisogno, basta la realtà a superare la mia stessa fantasia». Pensa un po’... Di fronte a questi due fatti fondamentali del nostro tempo, non possiamo restare indifferenti, occorre una profonda riflessione, ma che scrivo, una seria seduta di autocoscienza, come si conviene a un tema che riguarda gli intellettuali. La prolifica coppia di bestselleristi, impegnata nella propria campagnetta di promozione del Fatturato Ideale, esprime idee elevatissime, firma appelli, redarguisce e impartisce lezioni. Tutti sono tenuti ad ascoltare in religioso silenzio. Chiunque osi parlare, può farlo a una sola condizione: osannare il contributo alla ciclopica opera di costruzione di una nuova coscienza italiana. Entrambi gli autori sono da primato in classifica, tutto ciò che scrivono e dicono si trasforma in oro. Ma questo dalle nostre parti non è sufficiente per avere la patente di quelli che hanno sempre ragione. Essere un santone della letteratura non si traduce nel diventare un infallibile oracolo della politica. Novellare con maestria non conferisce il titolo di Infallibile. Indagare sulla carta e sull’anima non dà la bacchetta magica per risolvere i casi concreti. Un commissario immaginario non è l’inquirente del mondo delle cose reali. Può essere divertente, intrigante, ma non si tramuta nel personaggio che scova la prova regina. Si può giocare e scherzare su tutto, poi però la vita non ti presenta il commissario Basettoni e Pietro Gambadilegno, Derrick e il cane Rex, la signora in giallo e il tenente Colombo, ma la Boccassini e Berlusconi, magistrati e presunti innocenti fino al terzo grado di giudizio. Quando la propaganda e la faziosità sconfinano nel fantasy, nella letteratura d’appendice o nella finzione della docu-fiction per dipingere i casi giudiziari, allora vuol dire che il meccanismo che tiene in piedi una società civile s’è rotto, che il tribunale ordinario è sostituito da quello straordinario della piazza dove è stata già issata la forca. L’intellettuale può e deve essere «impegnato», ma proprio per il ruolo che svolge, ha il dovere di osservare la realtà a 360 gradi, se pensa di essere un uomo che indica la via della libertà al prossimo, allora deve liberarsi di scorie ideologiche, schemi preordinati e visioni a una dimensione. Non mi pare che sia così. La notizia che Saviano pubblicherà un libro con Feltrinelli è uscita sulle agenzie di stampa con le tre stellette di solito dedicate alle big news. Per qualcuno è il preludio dell’addio alla casa editrice di Segrate. Gli anti-berlusconiani si fregano le mani, mentre i manager della divisione libri della Mondadori si grattano la testa d’uovo cercando di immaginare cosa ne sarà del fatturato. Messa così, la partita è tutta a favore di Saviano, creato, allevato, coccolato e meritatamente portato al successo dalla Mondadori. Ironia della sorte, Saviano, una delle icone dell’anti-berlusconismo, è il prodotto di punta di un’azienda del Cavaliere. Anche l’altro scrittore militante, Camilleri, pur pubblicando la sua opera per l’editore Sellerio, ha una serie di volumi da record con il logo della Mondadori. Lenin a questo punto si porrebbe la domanda: che fare? La missione del business editoriale non è granché differente da quella di chi produce tondini di ferro: bisogna stampare buoni libri, venderne più possibile e fare utili. Saviano e Camilleri sono dunque l’ideale per qualsiasi editore. Ma questo è il punto di vista di chi fa libri. Diversa invece è la posizione di un intellettuale che non si considera neutro o distaccato dalla politica, ma rivendica il suo ruolo interventista nel dibattito pubblico, oltre i suoi libri ci sono dunque le sue idee personali, egli parla fuori dai personaggi della fiction e dentro il suo personaggio di scrittore. Se dipingi il Cavaliere come il Male Assoluto, il Nemico da abbattere, l’uomo che ha distrutto la cultura del Paese, il Mago dell’Imbroglio, un corruttore di giudici e minorenni, se i suoi nemici sono i tuoi amici, se i suoi amici sono per te da considerare alla stregua di complici, allora caro intellettuale, ti devi porre un problema: posso prendere i soldi dal Cavaliere? Posso gonfiare il mio portafoglio con il denaro dell’essere immondo? Io dico di no, perché anche un cretino capisce che questo modo di ragionare è più degno di un trucchista che di uno scrittore che si sente investito della potentissima missione di mandare a casa il cattivo di Palazzo Chigi. Portafoglio a destra e cuore a sinistra? Si può, certamente. Solo che la radiografia del corpo intellettuale rischia di rivelare all’uomo della strada uno stranissimo fenomeno: è il portafoglio che batte.