La Cei non dà la spallata
«Nubi ancora una volta preoccupanti si addensano sul nostro Paese». Angelo Bagnasco, davanti a una folla di giornalisti più numerosa del solito, comincia così la sua prolusione per l’avvio del Consiglio Episcopale Permanente ad Ancona. Dal presidente della Cei ci si attende un appello, un monito duro e inequivocabile che faccia riferimento alle vicende che agitano la scena politica, al «caso Ruby». Monito che arriva puntuale, anche se - è bene sottolinearlo - il «caso Ruby» non viene mai citato espressamente. «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale», sentenzia sin da subito il cardinale. Bagnasco descrive una situazione di «spaesamento», che deriva dai più svariati aspetti della crisi sociale in atto, ma che trae origine, principalmente, dall'aver oltrepassato il limite: «La vita di una democrazia si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative», spiega. Il presidente della Cei torna poi a citare, come aveva fatto nella prolusione al Consiglio Permanente del 2009, l'articolo 54 della Costituzione: «Chiunque accetta di assumere un mandato politico - ribadisce - deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la Carta costituzionale ricorda». E - nel passo che più degli altri sembra far riferimento al «caso Ruby» - aggiunge: «È necessario fermarsi, tutti, in tempo. Fare chiarezza, in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia e senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro». Integrità e trasparenza, quindi. Solo che il richiamo sembra esser rivolto a tutti, e non soltanto a Silvio Berlusconi. Nessuno - Bagnasco ne è sicuro - potrà schierarsi dalla parte dei giusti, e gioire: «Dalla situazione presente - spiega il presidente della Cei - comunque si chiariranno le cose, nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore. Troppi oggi, seppur ciascuno a modo suo, contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione. E questo potrebbe lasciare nell'animo collettivo segni anche profondi, se non vere e proprie ferite». Il cardinale fa suo quel concetto di «turbamento» già espresso dal presidente della Repubblica Napolitano, ma piuttosto che additare un unico responsabile - come qualcuno si aspettava - descrive una situazione in cui ognuno ha fatto la sua parte nella creazione del caos. Il presidente della Cei, infatti, non risparmia alcune critiche a media e pm: «Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci, veri o presunti, di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine», ammette. Bagnasco dedica poi un intenso momento della sua prolusione ai giovani: «Il Paese ringiovanisca», esclama, sottolineando l'importanza che la sfida educativa ha nella società di oggi. L'invito è a «non cedere al pessimismo», a «guardare avanti con fiducia», anche se - e il cardinale mette in guardia soprattutto gli adolescenti - il rischio di lasciarsi trascinare dai cattivi esempi è dietro l'angolo. Nella realtà odierna, spiega, troppo spesso «prevale una rappresentazione fasulla dell'esistenza, volta a perseguire un successo basato sull'artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l'ostentazione e il mercimonio di sé. Se si ingannano i giovani - avverte Bagnasco - se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale». Rivolgendosi ancora ai più giovani, il presidente della Cei riprende anche un'altra battaglia cara al Capo dello Stato: bisogna «dare ascolto» - sottolinea - ai bisogni dei ragazzi, e in particolare a quelli espressi in occasione delle ultime proteste studentesche: «Si è parlato di infiltrazioni improprie, e non tutti sono stati pronti a dissociarsi dalla violenza. Ma in ogni campo - è l'appello del prelato - bisogna dare ascolto alle preoccupazioni reali e ai dubbi sinceri per meglio capirsi e per poter procedere con l'apporto più ampio e onesto possibile». Poi un richiamo sui temi etici: «L'obiezione di coscienza non si tocca». Un'ammonizione sulla libertà religiosa, «un perno essenziale e delicatissimo, compromesso il quale è l'intero meccanismo sociale a risentirne» e - nelle battute finali - la consapevolezza di vivere in «un Paese complesso» che richiede «saggezza e virtù».