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Dopo Silvio? La patrimoniale

Walter Veltroni (S) e Pierluigi Bersani (D)

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Nella sinistra serpeggia il riflesso nostalgico di quel 1992 quando il presidente del Consiglio Giuliano Amato si insinuò nottetempo nei conti correnti degli italiani per un prelievo straordinario. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta, i conti pubblici sono stati in parte riassestati, la crisi economica è stata fronteggiata meglio di quanto hanno fatto altri Paesi europei; però l'idea di colpire i patrimoni, a dispetto di una pressione fiscale già elevatissima, non abbandona la sinistra. Non solo. Stando alle ultime dichiarazioni fa proseliti anche al centro. Ed è sotto il segno di questa imposta che sembra raggrupparsi il fronte antiberlusconi. È bene fare chiarezza: il patrimonio privato (immobili e attività finanziarie) è il frutto del lavoro e dell'investimento, il beneficio permesso dalla rinuncia al consumo presente in vista di un consumo futuro, l'eredità della propria famiglia. La prima distorsione è pensare che lo Stato abbia la legittimità di ridurre la sua posizione debitoria, non riducendo le spese, eliminando gli sprechi, ma chiedendo ai contribuenti di farsi carico del salvataggio. Ma cos'è una patrimoniale? L'imposta può essere straordinaria oppure ordinaria. La straordinaria è un prelievo sul patrimonio di rilevante entità e viene effettuata in condizioni di emergenza (con la promessa di non applicarle più). Vi sono poi prelievi una tantum, come quello sui depositi del 1992, o l'imposta sul capitale sociale, introdotta con la Finanziaria 1993 che doveva durare tre anni e durò cinque, assorbita dall'Irap. Le imposte ordinarie sul patrimonio sono invece imposte che si pagano con il reddito, anno dopo anno. La loro base imponibile è una qualche definizione di valore patrimoniale, e si differenziano, in parte, dalle imposte sul reddito da patrimonio. Per intenderci, l'Ici invece dell'Ilor. Ora mentre il ministro dell'Economia Tremonti tiene dritta la barra dei conti pubblici e a fronte degli apprezzamenti che vengono dagli organismi europei sulla politica di risanamento messa in campo dal governo, la sinistra rispolvera questa imposta come la panacea di tutti i mali. A rilanciare l'ipotesi come uno dei cardini della politica fiscale di sinistra, è stato Walter Veltroni, sabato scorso al Lingotto di Torino in occasione della convention di Movimento Democratico. L'ex segretario del Pd ha parlato di una patrimoniale «per i più ricchi per riportare il debito all'80%». Ecco il piano di Veltroni: «Istituire per il dieci per cento della popolazione italiana, la più ricca, un contributo straordinario per tre anni». E per far accettare agli italiani questo prelievo, Veltroni ricorda la tassa per l'Europa introdotta nel 1996 per far entrare l'Italia nell'Euro. «Tutti compresero che era necessaria, doverosa, utile. Un governo autorevole, credibile, potrebbe ripetere, in altri termini, il miracolo compiuto dal governo dell'Ulivo». Parole che suonano come un programma per un governo alternativo a Berlusconi. Niente di nuovo. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani non ha mai fatto mistero di essere favorevole a rintrodurre un'imposta sui patrimoni. «Qualcuno mi spieghi perché siamo l'unico Paese dell'Ocse che non ha una tassa sui grandi patrimoni. Tremonti ci spieghi perché». Bersani accompagnerebbe questo prelievo con una semplificazione del sistema fiscale. In polemica con il governo dice che «arrivano sparate sempre diverse, come togliamo l'Irap o tagliamo le aliquote, e poi non succede niente». Per il segretario Pd invece bisogna «fare un'operazione di semplificazione, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese». Poi rivolgendosi al Terzo Polo propone una piattaforma fiscale «che carichi sull'evasione e le rendite alleggerendo lavoro, impresa e famiglie». A fare la grancassa al Pd ci pensa la Cgil che quando si tratta di colpire la ricchezza, fa da apripista. «Questo paese deve introdurre una tassa sulle rendite patrimoniali» dice senza remore il segretario del sindacato, Susanna Camusso. La sindacalista spiega che la logica da seguire deve essere che «chi ha di più ricominci seriamente a pagare le tasse». Il gettito andrebbe utilizzato per finanziare «un piano per l'occupazione giovanile regolare. È qui che si apre la porta del futuro». La Cgil rivendica la paternità della patrimoniale come un titolo di merito. «Abbiamo proposto che ci fosse una patrimoniale -ha ricordato Camusso- in tempi non sospetti, per mettere il Paese al riparo dalla speculazione». L'affezione a questa imposta la ritroviamo infatti anche nel predecessore della Camusso, Guglielmo Epifani che in occasione della manifestazione contro la manovra economica rilanciò la richiesta della patrimoniale. Secondo il sindacalista la manovra era «iniqua perchè a danno delle fasce deboli». Quindi niente di meglio per riequilibrare questo squilibrio che andare a colpire la ricchezza del Paese. E se Tremonti ha fatto un'operazione «tremendamente provinciale e di comodo per cui chi guadagna da 100 mila a un milione di euro non metterà neanche un euro» ecco che ci dovrebbe pensare una patrimoniale, era la tesi di Epifani ma del tutto attuale. Quindi ecco nel mirino «chi ha i panfili, i castelli, le barche, i campi da golf e chi specula», al grido di «perché deve pagare solo chi tira la carretta e non sa come tirare a campare?». Non solo la patrimoniale. Nel Dna fiscale della Cgil come della sinistra c'è la reintroduzione dell'Ici per i redditi più alti, un'addizionale per i redditi oltre 150 mila euro e la tassazione sulle transazioni finanziarie a scopo speculativo. Ci sono anche degli outsider della politica quali Luigi Abete che come presidente di Assonime, la scorsa settimana ha proposto di recuperare 9 miliardi circa di maggior gettito da una moderata tassazione del patrimonio. E Abete come Montezemolo fa parte di quanti non aspettano altro che Berlusconi venga buttato giù.

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