Torna il "sogno": Veltroni
Altro che unità ritrovata in nome del nemico comune che da diciassette anni agita il centrosinistra. Altro che Walter, Pier Luigi, Dario, Beppe, Enrico e Massimo (e ce ne sarebbero altri cento) che si prendono per mano per battere il centrodestra alle elezioni ormai dietro l'angolo. Altro che la convergenza dei Democratici su una morale che boccia gli atteggiamenti del premier e che sarebbe in grado di partorire una nuova, efficiente e rigorosa classe dirigente. Forse a qualcuno sarà sfuggito ma al Lingotto 2 di Veltroni è andato in scena il funerale (politico) di Bersani. È La Repubblica a fare la diagnosi senza tanti giri di parole. Nel suo editoriale domenicale il fondatore del quotidiano, Eugenio Scalfari, incorona il mago Walter: «Ha parlato da leader, con la passione e l'eloquenza d'un leader ed anche con il senso di unità e di generosità che un leader deve avere, il desiderio di fare squadra, di rilanciare una scommessa all'insegna del cambiamento». Insomma, Walter ha detto quello che volevano sentirsi dire «i democratici militanti e i tanti diventati indifferenti o addirittura ostili per delusione subita». Addio politichese, rivalità tra capi e capetti, tra galli e galletti, scrive sempre Scalfari. Ma il punto è un altro: «Bersani è un uomo concreto. D'Alema un politico fine. Franceschini un combattente esperto. Enrico Letta un abile diplomatico. All'interno di un recinto. Veltroni ha anche lui queste qualità insieme ai difetti che in tutti rappresentano l'altra faccia dei punti di forza; ma possiede un "in più" che nessuno degli altri ha: è capace di evocare un sogno». E se a qualcuno sembrerà la classica montagna che partorisce il topolino, il fondatore de La Repubblica si affretta a precisare: «Non il sogno dell'utopia, ma quello che emerge dalla realtà». L'ex segretario del Pd sarebbe in grado, secondo Scalfari, di far dimenticare anche Vendola e il suo orecchino mentre il numero uno dei Democratici è proprio sul viale del tramonto. «Bersani ha un suo modo di parlare paesano e colloquiale», scrive il giornalista, e questo già basterebbe. Poi aggiunge: «Dopo il discorso di Veltroni così teso e intenso, (Bersani, ndr) faceva uno strano effetto, di quelli che spesso Crozza provoca quando lo imita a "Ballarò"». Un siluro. Soltanto mitigato dalla tempestiva precisazione: «Uno strano effetto ma molto positivo». A fugare ogni dubbio sulla «preferenza» di Repubblica per Veltroni ci ha pensato l'articolo di Curzio Maltese: «Voglia di leadership» (quella, giustificata, dell'ex sindaco di Roma): «Walter Veltroni torna sui propri passi e si ricandida alla guida di un Partito democratico e di un centrosinistra in crisi di consensi. Non l'ha detto, ma non c'era bisogno». Eppure i candidati (o presunti tali) sostenuti da Repubblica non hanno mai avuto grande fortuna. È successo con Veltroni nel 2008 e con Franceschini nel 2009. Vendola già se la ride.