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Voglia bipartisan di immunità

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Nel pandemonio sollevato dall'impeachment di Silvio Berlusconi per utilizzo della prostituzione minorile c'è un dettaglio che in questi giorni sta facendo molto discutere: il delicato rapporto che c'è tra la politica e giustizia, o meglio tra le istituzioni e la magistratura. E in questo groviglio di poteri ecco che al Senato torna a far discutere il ripristino dell'immunità parlamentare. I padri costituenti, nel lontano 1948, si erano già posti il problema tanto che decisero di inserire nella Carta un articolo, il 68, che diceva: «I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile». Poi, con il passare degli anni e soprattutto dopo l'uragano Tangentopoli, l'articolo è diventata meno stringente tanto che il Parlamento il 29 ottobre del 1993 decise di modificarlo con una legge costituzionale. Nel 2009 la svolta. Per la prima volta Pdl, Pd e Udc hanno sentito la necessità di tornare a mettere mano all'articolo 68 presentando al Senato un disegno di legge costituzionale che, come ha spiegato il vicecapogruppo del Pdl Gaetano Quagliariello nel suo discorso a sostegno della relazione Alfano sullo stato della giustizia, «tornasse ad assomigliare a ciò che era in origine, consentendo alla Camera di appartenenza di disporre entro un certo termine la sospensione di un eventuale processo a carico dei rappresentanti del popolo, rinviandone il decorso al momento in cui sia cessato il mandato democratico». Un appello diretto ai presentatori di quel ddl, i senatori Franca Chiaromonte del Pd e Luigi Compagna del Pdl, e ai molti firmatari dell'Udc ad «assumersi le proprie responsabilità» e, come continua Quagliariello, «a restituire al popolo la sua sovranità e alla giustizia la sua autonomia». Ecco quindi che scorrendo il testo del ddl si può vedere che, ad una prima parte che ricalca l'articolo 68, se ne aggiunge un'altra che tutela maggiormente l'immunità dei parlamentari: «L'autorità giudiziaria quando, al termine delle indagini preliminari, ritenga di esercitare l'azione penale nei confronti di un membro del Parlamento, ne dà immediata comunicazione alla Camera di appartenenza, trasmettendo gli atti del procedimento. Entro il termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione, nel corso dei quali il procedimento è sospeso, la Camera decide se disporre, a garanzia della libertà della funzione parlamentare, la sospensione del procedimento per la durata del mandato». Un richiamo accolto con piacere non solo dai due promotori del disegno di legge Chiaromonte e Compagna, ma che ha avuto eco anche nell'altra Camera dove Margherita Boniver, deputato del Pdl e presidente del Comitato Schengen ha aggiunto: «Bene l'entorcement del senatore Quagliariello all'ipotesi di ripristinare quell'immunità parlamentare improvvisamente mutilata da un Parlamento intimorito dal clamore delle inchieste giudiziarie del '92» e che ora «sarebbe nuovamente un equilibrio tra i poteri istituzionali».

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