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Ha citato anche lui.

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Inmezzo alla consueta lista di citazioni che Walter Veltroni fa ogni volta che ha l'occasione di parlare in pubblico c'era anche Giulio Tremonti. Due volte. E se alla seconda occasione l'ex sindaco di Roma si è scagliato contro la politica dei «tagli lineari» che non può essere la «strada maestra» per risolvere il problema della spesa pubblica, al primo tentativo davanti alla platea del Lingotto2 Walter non ha potuto trattenersi: «La proposta avanzata dal presidente dell'Eurogruppo Junker insieme al ministro Tremonti, che riprende un'idea di Mario Monti, sulla gestione europea del debito pubblico è un segnale interessante e positivo». Insomma Giulio sta lentamente facendo breccia anche nel cuore dei Democratici. Che non rinunciano ad attaccarlo, ma che cominciano a considerarlo come un'alternativa più che ragionevole a Silvio Berlusconi. Non a caso due giorni fa, quasi rammaricandosene, Pier Luigi Bersani aveva dichiarato: «Non credo che Tremonti abbia la forza, il coraggio di uno strappo da Berlusconi. Se lo facesse con qualche correzione politica noi resteremmo opposizione ma comunque il fatto che Berlusconi se ne andasse sarebbe positivo». Veltroni compie un passo ulteriore. Lo cita nel discorso, ma lo invita anche per la scuola di politica organizzata dalla sua fondazione Democratica. Unico esponente del centrodestra in programma, il 17 febbraio Tremonti parlerà, assieme a Innocenzo Cipolletta e Michele Slavati, di come «Governare l'economia nella crisi globale». E chissà se Walter pensa a lui quando, dal palco torinese, lancia la sua proposta per il futuro del Paese: «Un nuovo governo che comprenda tutte le forze parlamentari, con un premier che sappia garantire un clima istituzionale nuovo». Un governo che affronti le emergenze economiche e sociali, la legge elettorale e «porti a compimento l'iter del federalismo, oggi a rischio dal climo di scontro in atto». Tradotto: la classica «ammucchiata» che riesca finalmente a liberarsi una volta per tutte di Silvio Berlusconi. Guai, però, a parlare di una nuova Unione. Veltroni sogna un Paese in cui il Pd sappia fare da polo di attrazione per tutte le altre forze riformiste. Perché se i sondaggi oggi danno ai Democratici il 24%, «l'elettorato potenziale» può toccare quota 42%. Prima, però, c'è bisogno che Berlusconi faccia un passo indietro. E chissà che Tremonti non possa dare una mano. Nic. Imb.

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