Federalismo a rischio E la Lega scalpita
Nel giorno in cui Terzo polo e Pd hanno chiesto una proroga di sei mesi della legge delega sul Federalismo sancendo così l'inefficacia della mediazione messa in atto dal ministro Calderoli, la Lega lancia il proprio ultimatum al governo. Un avvertimento camuffato in quel «modello Carroccio», scritto a caratteri cubitali nella prima pagina de La Padania che non lascia spazio alle interpretazioni: il tempo delle promesse è finito. Ora l'Umberto vuole i fatti, vuole impegni concreti sul terreno delle riforme perché il mondo del Nord non è più disposto ad aspettare. E così, «mentre il palazzo, come giornali e tv si scornano per parlare di festini e intercettazioni a luci rosse - scrive Simone Girardin sulle pagine del quotidiano nordista - c'è chi, come la Lega, ha solo voglia di lavorare, di darsi da fare. Tradotto: realizzare le riforme». E il riferimento non può essere più chiaro: sbrigarsi a votare i decreti attuativi sul federalismo. E proprio su questo aspetto si gioca la sopravvivenza del governo. I rapporti tra Lega e Pdl iniziano a non essere più così tranquilli. Da una parte Silvio Berlusconi è riuscito a rinsaldare il sostegno con i nordisti promettendo loro un impegno concreto sulle riforme. Dall'altra invece è Umberto Bossi a puntare i piedi subordinando la tenuta della legislatura all'approvazione del federalismo: «È quello che si è deciso con Berlusconi: Federalismo o morte». Sulla via del federalismo però l'opposizione si prepara alle barricate. Terzo polo e Pd hanno infatti chiesto una proroga di 6 mesi della legge delega e lo spostamento dei termini per il parere sul decreto per il federalismo municipale che dovrebbe essere votato nella Bicamerale presieduta dal deputato del Pdl, Enrico la Loggia, entro il 28 gennaio. Una richiesta nata, a quanto riportano alcuni centristi, dalla necessità di prendere ulteriore tempo nella speranza che proprio la Lega, stanca di sopportare l'impatto mediatico dello scandalo Ruby, decida di staccare la spina al governo. Cosa che farebbe fatica a fare se l'iter del federalismo fosse in dirittura d'arrivo. Intanto sullo slittamento deciderà domani il Cdm dove, come spiega La Loggia, il ministro Calderoli «si è riservato di dare una risposta». I rumors però non sembrano far ben pensare infatti, continua La Loggia, «se ci fossero aperture da parte del Governo ne terremo conto positivamente» ma per ora i tempi restano «quelli stabiliti» che prevedono il via libera al Dlgs sul fisco municipale entro il 28 di gennaio e la scadenza della delega fissata al 21 di maggio. Ma mentre per prorogare i tempi del decreto sul fisco comunale basta un'intesa col Governo, per prorogare i tempi della delega «serve un provvedimento legislativo e non è pacifico che si possa fare nel Milleproroghe» come proposto dal Terzo polo, anzi. «Su questo ci sono molte perplessità» ha concluso la Loggia anche se, in ogni caso, «il problema è farlo o non farlo, poi gli strumenti si trovano». Quello però che rischia di trasformare il consueto confronto politico sulla bozza di testo presentata giovedì da Calderoli alla bicamerale in una «guerra di logoramento» è il continuo cambio di opinione da parte dell'Anci e dell'opposizione sul decreto. «Siamo stupiti dal comportamento dell'Associazione - commenta La Loggia–. Noi avevamo accolto la loro richiesta, poi c'è stato il loro ripensamento e quindi Calderoli si è riservato una verifica sui conti con il ministero dell'Economia». Posizione invece diversa quella dei Comuni che, per bocca del suo presidente, Sergio Chiamparino, sottolinea le lacune del testo accusato di contenere «molte incertezze su numerosi punti fondamentali per la vita dei Comuni italiani». «Prendendo atto - continua - della contrarietà di Roberto Calderoli a un ritorno del decreto nella Conferenza unificata tra Stato, Regioni, città e autonomie locali». Una chiusura che potrebbe diventare solo l'anticipazione di quella verso le opposizioni alle quali il Cdm potrebbe non concedere il rinvio alla legge delega. Una posizione che Calderoli potrebbe sponsorizzare sia per non allungare ulteriormente i tempi di realizzazione del federalismo sia per costringere Terzo polo e Pd a prendersi la responsabilità, nel caso in cui votassero contro i decreti attuativi, di tornare al voto. Una minaccia che, però, non ha intimorito l'opposizione: «Se l'impianto non cambierà voteranno no in commissione». Ora quindi gli occhi sono tutti puntati sui numeri in commissione bicamerale dove le opposizioni, compresa Fli (rappresentata da Mario Baldassarri), dispongono di 15 voti. Pdl e Lega ne hanno 14, cui si aggiunge quello di Helga Thaler, l'autonomista altoatesina che temi del federalismo si è però finora espressa in linea con la maggioranza. Una battaglia sul filo di lana che se si concludesse con un pareggio comporterebbe la bocciatura del provvedimento. Un esito che comunque non sarebbe vincolante per il governo, che in base a quanto stabilito dalla legge delega può comunque adottare i decreti attuativi, costringendolo però a presentare una relazione motivata in Parlamento sottoponendola al voto. Un'evenienza che potrebbe diventare delicata dato che anche alla Camera la maggioranza ha comunque i numeri risicati.