Anche il prossimo farà la stessa fine
La sabbia nella clessidra sta scorrendo, i mozzaorecchi avanzano e nel Paese si aprirà uno sbrego tra le istituzioni e il blocco sociale che ha votato Berlusconi. Il Cavaliere ha commesso molti errori, ha peccato di ingenuità e imprudenza, ha mischiato allegramente la vita privata con quella istituzionale, ha sbagliato con chi accompagnarsi e s’è fidato di qualche amico più che maldestro, ma gli errori che considero gravi sono due soli: non ha fatto la riforma della giustizia (veniva prima di tutto) e non ha mai governato gli apparati che dovevano proteggere la sua figura istituzionale. Gli scandali a luci rosse non sono una novità della Seconda Repubblica, le feste scosciate non sono un’esclusiva di Berlusconi, la storia del nostro Paese ne è zeppa. Altro che Bunga Bunga. La differenza con il passato è che la Democrazia Cristiana aveva solidi legami con la magistratura, i servizi segreti, la polizia e i carabinieri, una rete che serviva - nei momenti essenziali - a far prevalere la ragion di Stato su qualsiasi altro tipo di pulsione o tentazione deviante, personale o di gruppo organizzato. Questo sistema ha consentito al Paese di cavarsela in periodi terribili, di mantenere la stabilità e assicurare la sovranità del Parlamento, tenendo a freno il naturale dispotismo della magistratura e dello stesso governo. Nel caso di Berlusconi - ma anche di Prodi - tutto questo è saltato. La sua abitazione è stata sottoposta per mesi a un monitoraggio costante da parte della magistratura, ma nessun apparato della sicurezza vicino a Palazzo Chigi ha tutelato l’istituzione. Prima, durante e dopo l’inchiesta di Milano. È un dato di fatto su cui riflettere per l’oggi, ma soprattutto per il domani che attende l’Italia. Chiunque andrà al posto di Berlusconi, farà la stessa fine.