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E il Pdl schiera le "amazzoni" in difesa del Cav

Il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna

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Sono appassionate. Sicuramente anche belle. E preparate. E soprattutto sono donne. Sono la nuova arma della difesa di Silvio Berlusconi. Per la prima volta il Pdl, molto spesso una armata Brancaleone con voci persino dissonanti, sembra avere una strategia. Anzi, una linea di difesa che ha l'impronta del Cavaliere. Mandare in tv ministre e deputate, che mastichino di diritto. La controffensiva è partita lunedì mattina con Daniela Santanchè. La sottosegretaria non è sospettabile. Costruì la campagna elettorale di tre anni fa al grido «Io a Silvio non gliel'ho mai data». La sera prima era stata a cena a villa Gernetto con il premier e un gruppo di imprenditori. Va a Omnibus, su La7, e comincia a smontare l'inchiesta: «Ognuna di queste "verità" non ha riscontri oggettivi. Qui sono messe in discussione la riservatezza di corrispondenza, di domicilio e la libertà di spostamento. Sono state spese a disposizione di questa inchiesta spionistica tecnologie sofisticatissime senza che ci fosse reato». La sera tocca a Mariastella Gelmini che si presenta negli studi di Porta a Porta con un castigatissimo maglione a collo alto color ghiaccio, capelli raccolti. Al ministro dell'Istruzione, che di professione fa l'avvocato, spetta raccontare Silvio nel privato: «Collaboro con Berlusconi dal '94, ho frequentato molto spesso Arcore, non è che Berlusconi sia dedito ai sollazzi. Lavora 15 ore al giorno, io ho partecipato a cene di lavoro, questa è la vita di Berlusconi. Tutto il resto è una falsità». S'inalbera Stella, come affettuosamente viene chiamata, e racconta: «Ho trovato tutto quello che si è detto ridicolo e inverosimile, immaginare che in queste cene accada chissà che cosa! Voglio ricordare quanti soldi Berlusconi dà in beneficienza, io stessa gli ho visto firmare degli assegni per chi bisogna del dentista o per i figli. Ricordo la vicenda di Manola, la conobbi nel '94, un'impiegata che poi si è ammalata ed è stata mantenuta da Berlusconi fino alla sua morte. Era Spinelli incaricato di dare gli assegni per l'affitto e per le spese mediche». Martedì la ministra per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, partecipa a Matrix. Lei, che pure aveva ricevuto una sorta di «proposta di matrimonio» dal premier, ha una credibilità inattaccabile. E infatti arringa: «Per mia esperienza personale quello che leggo sui giornali è molto lontano dal modo in cui ho conosciuto Silvio Berlusconi, è sempre stato nei miei riguardi molto rispettoso. Quella volta che mi disse "se non fossi già sposato la sposerei" era un gesto che voleva essere solo un complimento e i giornali invece mi hanno marchiato e infamato». Poco prima, nell'arena di Ballarò viene lanciata Anna Maria Bernini, la "Bellucci della destra". Era entrata in lista in quota An (molto amica del finiano Raisi) è rimasta nel Pdl. Bolognese, amica di Prodi perché abitano nella stessa via, apprezzata anche a sinistra, la Bernini è un avvocato ed è anche componente della Giunta per le Autorizzazioni, tira fuori gli artigli garantisti: «Siamo all'inizio del procedimento e sappiamo già tutto, anzi crediamo di sapere già tutto. Ricordo un dato tecnico: la presunzione d'innocenza, che è alla base della nostra legislazione, non esiste se non c'è diritto alla difesa. E quindi se non viene rispettato il segreto istruttorio. Si tratta di un processo politico». Non è finita. Le donne del Pd vanno all'assalto di Berlusconi (chiedono le dimissioni, ieri con un sit in a piazza Colonna ma c'erano più fotografi che manifestanti) ma anche delle colleghe del Pdl: «Abbiano un sussulto di dignità».   Barbara Saltamartini e Beatrice Lorenzin (Pari opportunità del Pdl) replicano per le rime: «In questa temperie politica e culturale, le parlamentari del Pdl sentono il dovere di sottolineare con forza l'intensa e appassionata azione del governo Berlusconi compiuta a favore delle donne e per il rispetto complessivo della condizione femminile e dei minori». La vicenda ha anche una coda romana con Ileana Argentin (Pd) che nota il silenzio di Polverini e Rauti. Subito accontentata. «Sulla difesa della dignità delle donne da parte del governo Berlusconi e di tutto il Pdl quello che ha contato e deve continuare a contare sono i fatti», replica secca la consigliere regionale. Sotto attacco finisce anche Giorgia Meloni, i giovani del Pd ne chiedono le dimissioni. Le non ci sta: «Non demolite gli avversari». Anna Finocchiaro (Pd): «Il caso Ruby ferisce l'idea di donna». Si ribella Stefania Prestigiacomo: «Non credo che la sinistra anche in questo campo possa dare lezioni, semmai pessimi esempi». La guerra tra le amazzoni è solo all'inizio.  

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