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"Macché nani e ballerine siamo all'orgia del potere"

Rino Formica, storico esponente del Psi

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È stato uno dei principali esponenti del Partito Socialista Italiano e più volte ministro durante la Prima Repubblica. Oggi Rino Formica ha 84 anni e una lucidità invidiabile. Fu lui a coniare l'espressione «nani e ballerine» per definire l'ultima assemblea nazionale del Psi del 1991. Si riferiva ai troppi attori e intellettuali infilati impropriamente nel parlamentino socialista. Non solo. Definì la politica «sangue e merda» e non risparmiò critiche ai compagni diventati milionari grazie alla politica: «Il convento è povero, ma i monaci sono ricchi» precisò, sottolineando il contrasto fra i problemi finanziari del Psi e lo stile di vita di alcuni dirigenti. Anche adesso Formica non le manda a dire: «Berlusconi? Siamo arrivati a un punto di non ritorno».   La vede così brutta? «Credo che tutti i cittadini oscillino tra lo sbigottimento e la meraviglia, non tanto per i fatti in sé ma perché è stata superata una soglia». E la causa? «È la crisi della personalizzazione della politica. In questi anni c'è stata un'identificazione tra persona e potere che ha reso tutto possibile. Si tratta di una forma di nuovo autoritarismo».   Mi scusi ma queste cose non succedevano anche nella Prima Repubblica? Fu lei a inventare l'espressione «nani e ballerine». «Intanto i nani e le ballerine di allora erano giganti in confronto a quelli di adesso e poi quel giudizio nasceva dalla difficoltà di cooptare politici dalla società civile. In ogni caso si trattava di premi Nobel, personaggi del mondo della cultura, attori. Ora invece siamo all'orgia del potere». D'accordo Formica, ma i leader del Psi si vedevano spesso nelle feste in discoteca. «Certo. Ma appunto erano in discoteca, cioè in locali pubblici in cui avveniva ciò che era consentito dalle norme. Questa invece è un'orgia che porta dietro di sé un modello di organizzazione perverso». È anche una questione politica? «Nella Prima Repubblica un politico rispondeva al partito come un lavoratore al sindacato. Si stava nelle regole. La personalizzazione della politica ha portato invece a smantellare quel sistema. Il punto è che negli ultimi vent'anni abbiamo vissuto una continua fase del disfare».   Eppure gli italiani non sembrano indignati. «Non è vero. È che l'indignazione non ha ancora trovato i suoi canali. Non è vero che al popolo non importa niente. Fate un giro tra le ragazze che lavorano nei call center a 500 euro al mese. Piuttosto bisogna stare attenti: quando la crisi morale si incrocia con la crisi economica esce fuori una miscela esplosiva».   Mi scusi Formica ma cosa dovrebbe fare Berlusconi? «Andare in una clinica in Svizzera».   Scommetto che non sarà d'accordo con quelli che parlano di intromissioni indebite nella sfera privata del premier... «Ma quale privato! Si chiede la riservetezza del privato ma, nello stesso tempo, si pretendono le procedure del pubblico. Siamo in uno stato confusionale. Smettiamola con questa idea di un privato e un pubblico che non s'incrociano quando si fa politica. Non è così, ma non solo per un capo di Stato anche per un consigliere di quartiere». Eppure dalle carte non sembrano evidenti i rilievi penali. «Sotto certi aspetti Berlusconi è parte lesa. Intorno a lui si muove un'organizzazione che sfrutta la prostituzione. O lui è il capo o, in effetti, è vittima. Certo se è parte lesa è ricattabile». Cosa l'ha impressionata di più in questa vicenda? «L'insensibilità di Berlusconi, è accecato. Ha difeso anche Lele Mora, ma come si fa? Mi colpisce anche un altro fatto: è un anno che c'è questa indagine, uno è al vertice dello Stato e non ha la percezione di ciò che sta accadendo benché le persone coinvolte siano centinaia. Come è possibile?».   E ora che succede? «Servirebbe una tregua di un anno, un anno e mezzo per formare un'assemblea costituente, eletta col sistema proporzionale, e per far sorgere un nuovo modello di democrazia». Le elezioni anticipate? «Sarebbero un regalo al Pd».   Cioè crede che Berlusconi non vincerebbe un'altra volta? Ne è sicuro? «I cittadini non lo rivoteranno».

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