La caccia al Cav con il telefonino
Di cellulari agganciati alle celle telefoniche si è sentito parlare tanto in questi ultimi mesi: dai casi di Avetrana a quello di Brembate. Ma anche in quello di Ruby. Secondo quanto hanno riferito le agenzie di stampa nei giorni scorsi, infatti, sarebbe stata l'analisi minuziosa delle celle telefoniche a imprimere un'accelerazione nelle indagini in corso a Milano sulla vicenda che vede coinvolto il premier. La cella è quel particolare macchinario al quale ogni telefono cellulare si collega per «trovare campo». L'esame delle celle consente di norma agli inquirenti di stabilire con esattezza in che luogo si trova una persona e a che ora. È stato dunque grazie a questo particolare tipo di indagini tecniche che i magistrati titolari dell'inchiesta avrebbero potuto verificare le visite di Ruby ad Arcore, e di collocarle nei quattro mesi che vanno da febbraio a marzo del 2010. Fonti qualificate interne alla Procura di Milano hanno poi chiarito che nell'inchiesta non sono finite telefonate riferibili a utenze di parlamentari, non utilizzabili per le norme contenute nelle legge Boato. Il dettaglio delle celle non è sfuggito all'hacker più famoso d'Italia. Fabio Ghioni è l'ex mente informatica del Tiger Team che proteggeva la rete della Telecom, è l'hacker che «bucò» i server del Corriere della Sera e della statunitense Kroll investigations, per poi scivolare in pesanti grane giudiziarie. Ghioni ha creato la comunità virtuale Hacker republic, una specie di contraltare a Wikileaks. E ieri sul suo sito Internet (fabioghioni.net) ha fatto notare «un particolare che dovrebbe farci gelare il sangue». A leggere le cronache Karima, detta Ruby, aveva dichiarato di essere stata ad Arcore solo una o due volte. Non è vero, dicono le indagini: dal traffico del suo cellulare risulta che è stata lì diverse volte e in concomitanza con la presenza del Presidente del Consiglio. «Come come? Stiamo dicendo: a) che attraverso il nostro cellulare siamo localizzati, b) che i nostri movimenti possono essere ricostruiti anche a distanza di tempo, cioè vengono conservati da qualcuno, ovvero il gestore telefonico» scrive Ghioni. Che spiega: «Per il primo punto, non bisognerebbe essere nemmeno troppo addetti ai lavori per saperlo: bisogna solo "unire i puntini" delle varie comodità hi-tech che ci sono ammannite tanto generosamente. Se avete uno smartphone, non è difficile capire che il vostro telefono sa dove siete anche se non telefonate: basta notare che vi fornisce le previsioni meteo esattamente per la zona in cui vi trovate, oppure, che per calcolare un percorso con Google Maps non c'è bisogno che inseriate la località di partenza». Non è nemmeno necessario avere un collegamento satellitare GPS perché ciò avvenga. «Anche solo con una normale connessione telefonica GSM, è possibile calcolare la distanza dal ripetitore più vicino, con il sistema della triangolazione delle celle» aggiunge l'esperto. Quanto al secondo punto: «I dati vengono conservati dal gestore e sono a disposizione dei magistrati. E qui siamo costretti a dire che Berlusconi deve piangere se stesso, in quanto causa del suo male. Era infatti il 2005 quando, sull'onda emotiva dell'11 settembre e volendo emulare il Patriot Act di George W. Bush, il governo Berlusconi varò il decreto Pisanu». Diventato in seguito legge con qualche piccola modifica, secondo Ghioni il decreto ha imposto ai gestori telefonici di conservare tutti i dati relativi al traffico telefonico di tutte le schede SIM e alla localizzazione di questo traffico, e di conseguenza anche dei titolari di queste schede. «Una quantità di dati spaventosa, - scrive ancora l'hacker - che all'epoca costrinse Telecom a spendere oltre 100 milioni di euro per adeguare le proprie strutture a conservare database così corposi. Dati che rimangono a disposizione delle indagini per casi di terrorismo o per "l'esercizio dell'azione penale per i reati comunque perseguibili"». In altre parole, conclude Ghioni sul suo blog, «se anche non fate parte di Al Qaeda, ma siete coinvolti in un'indagine penale, ricordatevi che Telecom, o Vodafone o chi per loro sanno meglio di voi stessi dove siete stati e che i loro archivi sono un libro aperto per la magistratura».