Il gran bordello
Un capo di Stato deve saper distinguere tra i suoi piaceri e i suoi doveri. Deve non solo separarli nettamente, ma fare in modo che i primi (i piaceri) non condizionino i secondi (i doveri). A Berlusconi sono stati imputati mille misfatti, ma penso che l’unico sia stato proprio quello di non aver scisso la sua vita istituzionale da quella privata, di non aver protetto il suo ruolo di presidente del Consiglio. Quando ricopri una carica così alta, la tua casa diventa un posto speciale, va protetta, e la tua vita assume forme e significati nuovi. Lui, Silvio, ha sempre mischiato tutto: la famiglia, la sua persona, il ruolo pubblico, la missione di capo dell’esecutivo. Il risultato è un cocktail ad alta gradazione. I magistrati per diciassette anni le hanno provate tutte per incastrarlo. Hanno sempre fatto cilecca. Poi hanno deciso di colpirlo - è il caso di scriverlo - sotto la cintola, sul piano personale, privato, intimo. Qui hanno trovato un punto debole, un tratto di incredibile ingenuità. Siamo allo scontro finale. Per ora non ci sono prove buone per concludere un processo degno di questo nome, ma possono sputtanare il premier in mondovisione e provare a mandarlo al tappeto. Chi dice che è un golpe non sbaglia di molto, ma non sposta di una virgola la realtà. Troppo tardi. La riforma della giustizia andava fatta anni fa. Berlusconi è un leone, ma ora può solo resistere, attendere di vedere tutte le carte in mano ai pm e poi decidere se continuare, andare al voto anticipato o cedere lo scettro e andare alle Bahamas. Dopo diciassette anni di guerra, questa è la battaglia finale. Noi abbiamo una sola ruvida certezza: per l’Italia è un gran bordello.