Silvio abbandona la linea soft
Chi lo incontra lo racconta tutt'altro che sereno e distaccato. Imbufalito. La notizia della nuova inchiesta mette da parte la linea da statista del giorno prima. Almeno in privato. Silvio Berlusconi si sfoga con i suoi. Se la prende anche per quella linea di pacificazione a cui l'avevano quasi costretto il giorno prima i fedelissimi. Tutto inutile. Non serve a nulla. Il Cavaliere è convinto che basta cedere di un solo millimetro e subito riparte l'assalto. «Mi vogliono fare fuori», ripete a palazzo Grazioli mentre alla spicciolata arrivano tutti i big del Pdl. E lo ripete come fosse un intercalare. Si sfoga. Viene aggiornato sull'inchiesta milanese. Non riesce a capacitarsi. Non riesce a credere al fatto che i pm siano stati di fatto quattro mesi solo a cercare di capire se ha avuto un rapporto sessuale o meno con questa Ruby. «Quattro mesi. Quattro mesi per comprendere se il presidente del Consiglio s'è fatto una scopata o no. A questo è ridotta la magistratura italiana», ripete un berlusconiano. Ed è facile immaginare che il pensiero del gran capo non sia molto distante. Gaetano Quagliariello, al Tg3, si lascia scappare: «Prove certe contro Berlusconi? Aspetto di vedere i preservativi...». Alla fine il Cavaliere rompe gli indugi, abbandona la diplomazia che aveva mantenuto sino al mattino e, in un messaggio ai promotori della Libertà, si lascia andare: «Ogni giorno in tanti provano a metterci i bastoni fra le ruote, con attacchi e aggressioni quotidiane che si aggiungono alle manovre parlamentari e alle congiure di palazzo». Poi parla della sentenza della Consulta sul legittimo impedimento, un caso che «è stato usato ancora una volta dai nostri avversari per attaccarci in modo scomposto - sono ancora le parole del presidente del Consiglio - Non mi preoccupa perché nulla ho da temere da processi francamente assurdi nel merito. Così assurdi da essere incredibile il fatto che molti magistrati abbiamo dedicato e dedichino tanto tempo e tante risorse a vicende francamente ridicole. Io non vedo l'ora di difendermi in tribunale da accuse tanto assurde». Ma non andrà alla convocazione milanese. Ricorda i numeri della «persecuzione giudiziaria»: 105 indagini e in 28 processi, «il record assoluto credo di tutta la storia dell'uomo in qualunque Paese del mondo». Risultato? Elenca il premier: dieci assoluzioni, 13 archiviazioni, cinque processi in corso. E ci tiene a spiegare: «Nessuno di questi processi è collegato alla mia attività di governo come presidente del Consiglio». Quindi attacca: «Sono gli stessi numeri a denunciare la persecuzione politico-giudiziaria a cui sono stato e sono sottoposto con l'evidente finalità di farmi fuori, essendo io considerato, da parte della sinistra e dei suoi giudici, un ostacolo insuperabile e quindi da eliminare con ogni mezzo per il raggiungimento del potere. Quanto ai processi ancora in corso sono tutti processi grotteschi, ridicoli, inventati da parte dei pm di sinistra, processi che proprio per questo non mi preoccupano affatto. Certo, senza il legittimo impedimento dovrò sottrarre del tempo all'attività di governo, ma questo ai giudici di sinistra non dispiace di certo». Infine sottolinea: «Mi aspettavo francamente che dopo la sentenza della Corte, per ricominciare, attendessero almeno una settimana. Invece i pm di Milano non hanno resistito e la sera stessa mi hanno mandato il loro biglietto di auguri per il nuovo anno e per l'occasione si sono inventati il reato di “cena privata a casa del presidente”. Ho dedotto che sono invidiosi e che mi fanno i dispetti per non essere stati invitati anche loro. Ad alcune persone è bastato venire una volta a cena a casa mia, la casa del presidente del Consiglio per avere il proprio cellulare controllato e i propri spostamenti controllati per alcuni mesi, prima ancora che fosse iniziata ufficialmente l'indagine preliminare nei miei confronti». Ora si ragiona sulla riforma della Giustizia. Il Berlusconi di ieri sera avrebbe anche fatto riaprire il Parlamento per approvarla subito.