La Consulta e il fantasma della repubblica di Weimar
Non si è mai visto, in nessun paese europeo, un organo di controllo della legittimità costituzionale delle leggi porsi come contropotere dell'esecutivo, accentuando di fatto la dissoluzione dello Stato di diritto. È accaduto in Italia con la stupefacente sentenza della Consulta sul legittimo impedimento. Aver sancito che un magistrato giudicante possa, in qualsiasi momento del dibattimento, decidere se ricorrono gli estremi per giustificare l'assenza del presidente del Consiglio nel processo che lo riguarda è un'aberrazione giuridica, costituzionale, politica e civile. Per come i giudici dell'Alta corte hanno deciso, il potere politico - Governo e Parlamento, quindi - subisce un ridimensionamento che gli stessi costituenti non avrebbero mai immaginato; diversamente si sarebbero preoccupati di porre limiti oggettivi all'attività della Consulta la quale, attraverso sentenze interpretative-manipolative, di fatto riscrive, quand'è il caso, le leggi esautorando, dunque, anche le Camere nelle quali risiede la sovranità del popolo. Chi non vede in questa tendenza deprecabile, ai limiti della sovversione dell'ordine democratico, l'affacciarsi del fantasma di Weimar, che a lungo aleggiò sulla debole Repubblica tedesca post-bellica, soprattutto nei primi anni Venti, è uno sprovveduto. Non capisce che la politica diventa ostaggio dei giudici e chi la esprime al più alto livello, vale a dire il presidente del Consiglio, peraltro indicato dagli elettori, è compresso nelle sue funzioni dalla pretesa della magistratura di scrivere la sua agenda e di dettare i suoi impegni istituzionali. Fa specie che la sinistra, per quanto allo sbando, non si avveda di una perversione giuridico-politica le cui conseguenze riguardano tutti, non il solo Berlusconi, caso emblematico dell'offensiva del potere giudiziario il quale, va pure ricordato, sono oltre trent'anni, che in vario modo, tenta di sopraffare quello politico. Se ci si avventurasse nel costituzionalismo comparato, si capirebbe meglio che quando la Corte costituzionale emette sentenze come quella di giovedì scorso, diventa eccentrica rispetto ad analoghi organismi che pure sono nati a presidio delle democrazie, con il compito di garantire il controllo sui poteri dello Stato. È così, per esempio, che la Corte tedesca di Karlsruhe, formata da sedici giudici nominati dal Bundestag e dal Bundesrat, a cui la Legge Fondamentale (così si chiama in Germania la Costituzione), attribuisce il compito di vigilare sulla costituzionalità delle leggi ed abrogarle quando violino diritti primari, ma non può stravolgere le norme che vengono ritenute costituzionalmente corrette, praticamente riscrivendole: o vanno bene o sono da buttar via, non c'è alternativa. E a nessuno dei sedici giudici, espressioni dirette del potere parlamentare dello Stato centrale e dei Lander (non delle magistrature e della presidenza della Repubblica), potrebbe mai venire in mente di offrire alla magistratura ordinaria l'occasione per mettere sotto scacco un altro organo costituzionale, come il Cancelliere. È forse il caso che i riflettori si accendano sulla Corte, sulla sua struttura ed il suo operato. Ricordando che metterla in discussione non è una bestemmia, come qualche sepolcro imbiancato va sostenendo.