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"Ridicoli i processi contro di me"

Silvio Berlusconi

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Nessuna conseguenza sulla stabilità dell'esecutivo: Silvio Berlusconi spiega che il verdetto della Consulta sul legittimo impedimento "è ininfluente" per le sorti del governo. "Andrò avanti", dice il Cavaliere intervenendo a "La telefonata", la rubrica di Maurizio Belpietro all'interno di Mattino 5.  Pertanto "in Italia non c'è bisogno di elezioni anticipate" anche a causa del rischio della speculazione finanziaria che potrebbe abbattersi sul nostro Paese in caso di voto anticipato, dice ancora Berlusconi.   L'IMPIANTO È SOLIDO - Sulla parziale bocciatura del provvedimento il premier ha detto: "Non mi aspettavo nulla di diverso", ma la sentenza della Consulta "non ha demolito l'impianto della legge, ha riconosciuto che il legittimo impedimento esiste ed è necessario per chi svolge attività di governo, ma dovranno essere i giudici a valutare di volta in volta se un legittimo impedimento è valido o meno". Tuttavia "non sarà facile per i miei avvocati ottenere un atteggiamento benevolo da parte dei magistrati - dica ancora il premier - da quando sono in politica c'è una persecuzione dei magistrati di sinistra sostenuti dalla sinistra politica".  In collegamento con Canale 5, Berlusconi difende il principio alla base del legittimo impedimento: "Rinvia la discussione del processo e le udienze, ma sospende il calcolo dei tempi di prescrizione". Dunque "nulla di traumatico". Semplicemente, è la tesi del premier, "tiene conto che un presidente del Consiglio quando ha un Consiglio dei ministri, o la preparazione di un Cdm, o impegni internazionali, non ha il tempo di presenziare alle udienze e di prepararle. C'è nelle democrazie più avanzate". PROCESSI GROTTESCHI - A chi lo accusa di essere stato assolto solo per la scadenza dei termini di prescrizione, il premier ribatte che se un giudizio "non è arrivato a sentenza prima dei lunghi periodi di prescrizione che sono previsti dal nostro codice, vuol dire che le tesi dell'accusa non erano così convincenti per i giudici che dovevano emettere la sentenza". Il presidente del Consiglio ha anche ricordato anche i "tanti" processi in cui "sono stato assolto" a partire dal processo Mondadori. Per il premier i i processi a suo carico sono "inventati, ridicoli, grotteschi" e nonostante la "persecuzione" da parte dei "giudici di sinistra", il premier è convinto che "non si possono trovare giudici così orientati politicamente che possano osare una condanna su fatti che non esistono". Berlusconi afferma che "i fatti non esistono, l'ho giurato sui miei figli e nipoti: non ci sono fatti che rendono possibile condanna. Ma se nei collegi giudicanti ci fossero solo giudici di sinistra - avverte - andrò in tv e sui giornali e spiegherò a tutti di cosa si tratta. E visto che sono fatti certi e inoppugnabili, sono sicuro che non si possono trovare giudici così orientati politicamente che possano osare una condanna su fatti che non esistono". A MIRAFIORI VINCERÀ IL SÌ - Il premier ha parlato anche del referendum a Mirafiori sottolineando come il governo e lo stesso Silvio Berlusconi appoggiano la Fiat di Sergio Marchionne e i sindacati con "forte senso di responsabilità nazionale", ovvero Cisl e Uil e gli altri firmatari dell'accordo dello stabilimento. Il presidente del Consiglio ribadisce la sua posizione: "Sono cose dettate dal buonsenso, e l'accordo è emblematico di ciò che serve per tenere aperte le fabbriche, cosa che non accadrebbe con le rivendicazioni ideologiche della Fiom, della Cgil e della sinistra di Bersani. Purtroppo hanno perso un'altra occasione di diventare socialdemocratici, di capire che le aziende devono essere organizzate sulle esigenze del mercato non sulle ideologie già condannate dalla storia. Invece di insultare, Bersani dovrebbe farsi spiegare da Fassino e dal sindaco di Torino, suoi compagni di partito, che con l'accordo si possono conservare posti di lavoro e aumentare anche le retribuzioni". "Penso che al referendum prevarrà con percentuale elevata il sì, ossia il buonsenso", ha detto il premier, perché si tratta di un "accordo emblematico di ciò che serve in Italia per tenere aperte le fabbriche e per non chiuderle".  

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