Berlusconi: "L'Udc scelga anche il Ppe lo chiede"
«Sì, il gruppo di responsabilità nazionale si può ancora fare. Ma ha senso se si crea senza persone provenienti dal Pdl». Silvio Berlusconi ci crede ancora. A sera prova a tirare le somme dopo una giornata di impegni. Prima a Berlino per la bilaterale con la cancelliere tedesca Angela Merkel. Poi il ritorno a Roma, l'incontro con Gianni Alemanno, quindi a Palazzo Chigi. «Sono ancora al lavoro», dice al Tempo. E conferma: «È vero, con l'Udc c'è un dialogo in corso. Ci sono dei movimenti in atto. Vediamo, vediamo. Attendiamo atti concreti». E quali possono essere? Forse uno potrebbe arrivare anche oggi. L'Udc potrebbe annunciare l'astensione sul federalismo. Forse, anche qui si vedrà. Quello che appare chiaro anche a palazzo Chigi è che Pier Ferdinando Casini resterà anche lui in attesa. In attesa della decisione della Consulta sul legittimo impedimento, tanto per cominciare. «Mi risulta che ci sono state sollecitazioni anche da parte del Ppe - spiega il premier - affinché si riunisca tutta la famiglia dei moderati». Ma al momento Casini sembra fermo. C'ha provato in questi giorni e anche ieri in maniera più stringente anche Gianni Alemanno. Il sindaco di Roma aveva provato a coinvolgere anche i centristi nella nuova giunta che si va formando, ma Pierferdy ha risposto picche. Non una porta sbattuta, però. Ha assicurato che in Campidoglio il suo partito farà opposizione costruttiva. Forse in consiglio comunale potrebbe avere un peso maggiore e in questo modo il centrodestra potrebbe contare su un maggiore coinvolgimento dei cattolici democratici. Ma per ora nulla più. Anche se il Cavaliere ci tiene a tenere distinti i due piani: «Roma è una cosa diversa, è una questione importante ma locale. Il governo nazionale è altro». Però è evidente che Roma è pur sempre la Capitale e una collaborazione diversa, un clima cambiato tra Pdl e Udc aprirebbe anche nuovi spiragli per la situazione nazionale. Si vedrà. Ma ciò non vuol dire che Silvio non pensi più alle elezioni. Anzi. «Bisognerebbe rivedere la par condicio - ribadisce oggi come in passato -. E i primi a voler rivedere la legge dovrebbero essere quelli del Pd. Hanno più voti di tutti nell'opposizione ma in tv ci sono sempre Vendola e Di Pietro che stanno divorando il partito di Bersani». Tutto, comunque, appare fermo. Almeno per il momento. Fermo in attesa di ciò che valuterà la Corte Costituzionale. Anche le trattative ieri hanno subito una brusca frenata e alla Camera si respirava un'aria di limbo politico. Tutto sospeso. Lui, Berlusconi, comunque appare certo di tirare dritto per la sua strada. Non si cura di quel che deciderà alla Consulta. O almeno non lo darà a vedere. Tanto ormai diventa irrilevante: se il legittimo impedimento verrà promosso, comunque il premier dovrà affrontare il referendum visto che è stato ammesso. E dunque dovrà andare in giro per l'Italia a spiegare perché è giusto che i processi a suo carico devono essere sospesi per il tempo del suo incarico. A metà giornata, dopo l'incontro con la Merkel, aveva detto: «Non c'è nessun pericolo per la stabilità di governo qualunque sia l'esito della decisione della Corte costituzionale». Per poi aggiungere, riferendosi alla norma all'esame della Corte, che «io non l'ho mai richiesta; è un'iniziativa portata avanti dai gruppi parlamentari. Io sono naturalmente e totalmente indifferente al fatto che ci possa essere un fermo o meno nei processi che considero processi assolutamente ridicoli». Quindi, come già fece al congresso del Ppe a Bonn poco più di un anno fa, aveva spiegato: «Ne ho parlato anche con Angela Merkel, la patologia per la nostra democrazia è la presenza di un ordine giudiziario che si è trasformato in un potere giudiziario, esorbitando dal suo alveo costituzionale». La presenza della cancelliera tedesca aveva chiamato in causa anche una domanda sull'ipotesi che anche in Italia si realizzi un governo di grande coalizione, sebbene la Merkel sia in una condizione peggiore visto che ha perso la maggioranza in una delle due Camere. Il premier aveva tagliato corto: «Non credo alla possibilità di una Grande coalizione alla tedesca. Non possiamo contare su un'opposizione socialdemocratica. In Italia l'opposizione è senza idee e senza leader. Non c'è nessuna persona nell'opposizione da prendere sul serio e con cui poter parlare». Parole che avevano introdotto la questione italiana. Il capo del governo era tornato a mettere l'accento sull'ottimismo: «Nell'ambito di una crisi dei consumi e degli investimenti è molto importante il fattore psicologico. Non bisogna infondere pessimismo tra i cittadini e gli operatori, ma bisogna invece che i governi cerchino di dare una prospettiva positiva, infondendo fiducia e ottimismo».