Scudo al Cav
Le sorti giudiziarie del premier Berlusconi si conosceranno tra 24 ore. Ieri c'è stato il primo round davanti ai 15 giudici della Consulta che si devono pronunciare sulla norma sul «legittimo impedimento». I giudici della Corte Costituzionale hanno ascoltato la difesa del presidente del Consiglio e dell'avvocato dello Stato che rappresenta Palazzo Chigi. Entrambi hanno sostenuto la legittimità costituzionale della legge 51 del 2010, il cosiddetto «scudo» grazie al quale i tre processi a carico del premier verrebbero rinviati di diversi mesi. A fare ricorso alla Consulta sono stati infatti i giudici di Milano, davanti ai quali si dovrebbero svolgere i procedimenti penali sul «caso Mills», sui diritti tv Mediaset e sul «caso Mediatrade» che fa riferimento a presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi per creare fondi neri. All'udienza di ieri nella sala gialla al secondo piano della Corte Costituzionale erano presenti un centinaio di giornalisti, tra i quali alcuni francesi, tedeschi, svizzeri e americani. A prendere la parola per primo è stato l'avvocato Niccolò Ghedini, secondo il quale la norma sul legittimo impedimento non pregiudica i poteri di valutazione del giudice. «Se c'è, ad esempio, una grave patologia invalidante nessuno nega al giudice il potere-dovere di accertamento sul punto». Il legale di Berlusconi ha anche spiegato che la giustizia italiana non è di certo «spedita». «Un rinvio di tre-quattro mesi è del tutto fisiologico nel nostro sistema processuale. Se si è vittima di un grave incidente stradale e si ottiene un certificato medico di sei mesi, quindi un legittimo impedimento a presentarsi in udienza, il giudice dispone il rinvio del processo». Lo «scudo» permette infatti al presidente del Consiglio e ai ministri di chiedere il rinvio delle udienze del processo, nei quali sono imputati, di almeno sei mesi quando sono impegnati in Consiglio dei ministri, riunioni internazionali, conferenza delle Regioni e «nelle relative attività preparatorie, nonché di ogni altra attività comunque coessenziale alle funzioni di governo». Di fronte al neopresidente della Consulta Ugo De Siervo e al giudice relatore Sabino Cassese l'avvocato dello Stato Michele Dipace ha sottolineato come la legge non «crea immunità» e che il giudice «non può sindacare se si faccia un Consiglio dei ministri proprio in quel giorno perché se ciò avvenisse si darebbe al giudice penale il potere di valutare le ragioni politiche sottese così invadendo la sfera dell'attività governativa». Insomma, tra 24 ore, alle 9,30, i 15 giudici entreranno in camera di Consiglio per decidere se rigettare i ricorsi dei giudici di Milano per inammissibilità o per infondatezza. Oppure accoglierli, bocciando così la legge. Ma la possbilità più probabile è un'altra: rendere conforme a Costituzione la legge dichiarandone la parziale bocciatura o fornendone un'interpretazione «ad hoc».