Alemanno se ne infischi dei cacicchi
La posta in gioco sulla nuova giunta che Gianni Alemanno sta approntando in queste ore è ben più grande di quanto possano immaginare i partiti che la sostengono. Nel corso degli anni ho imparato una cosa che per un giornalista è un patrimonio inestimabile: la vista dei politici è cortissima, quasi tutti sono in grado di fare una discreta tattica, ma quando il piano dell'azione si sposta sulla strategia, i loro limiti vengono fuori come l'eruzione di un vulcano. Il sindaco ha azzerato la giunta e ribadisco che ha fatto benissimo, ma da questo momento si apre una partita che se fossi un signore che fa politica - e magari vive anche e soprattutto di politica - cercherei di comprendere nella sua interezza. Il Pdl romano, il centrodestra in generale, è balcanizzato. È il curioso prodotto delle stratificazioni geologiche della politica, un mix di tradizione, improvvisazione, capacità e innovazione che non sempre ha prodotto felici risultati. Più che i partiti, nella Capitale e nel Lazio contano i singoli capi corrente, tra i quali c'è anche qualche buon politico che comunque non vola tra le aquile ma volteggia come un avvoltoio. La mossa di Alemanno è un segnale chiaro: bisogna cambiare passo, quel che finora è stato fatto è insufficiente. Il primo cittadino della Capitale cerca con coraggio un rilancio più che mai necessario non solo per la sua figura, ma per il centrodestra nel suo complesso. Temo che qualche cacicco non l'abbia capito e abbia bisogno di un paio di parole chiare. Il Monopoli della Capitale sarà nel prossimo futuro un pezzo importante del laboratorio della politica nazionale. Con buona pace di quelli che si pensano grandi strateghi, non conosco nessuno al di fuori di Gianni Alemanno capace di esprimere un pensiero politico che sia nella tradizione della destra e oltre il berlusconismo. Quando il Cav avrà chiuso il suo ciclo politico, in campo non resteranno molti pezzi dell'attuale scacchiera, ma sono pronto a scommettere che tra essi in prima fila ci sarà Alemanno. I presunti Richelieu che si muovono dietro le quinte sembrano non aver ben compreso che cosa sta accadendo, o meglio, pensano di poter condurre le danze e dettare l'agenda e la composizione della giunta al sindaco come se niente fosse successo. E invece no. Alemanno deve cambiare la composizione della giunta in maniera decisiva. Se mette due o tre pedine nuove, per noi non cambia nulla e per gli elettori ancor meno. Senza un cambio di passo e di strategia, tutta questa operazione finirà per essere inutile e con una sola conseguenza: la legislatura arriverà alla fine senza infamia e senza gloria, nel tipico grigiore della divisa di partito, priva di slancio e a quel punto, nel vuoto e non avendo mai creduto in un'idea vera di rilancio, le elezioni consegneranno la Città Eterna di nuovo nelle mani di un centrosinistra che ha prodotto un disastro ma rischia di ritrovarsi alla guida di Roma per la cecità dei presunti «statisti der quartiere». Non sostengo che Alemanno debba essere un uomo solo al comando, né che non consulti i suoi alleati e chi ha anche una dote di voti. Il direttore de Il Tempo osserva le cose di Palazzo con grande realismo, ma proprio per questo non mi va di pensare che l'avventura del centrodestra a Roma debba esser sacrificata in nome delle ideuzze e delle bizze personali. Gli elettori sono meno scemi di quanto creda qualcuno e al posto di Alemanno non esiterei un minuto a mettere in chiaro un paio di cose fondamentali: 1. La nuova giunta comunale non può essere il frutto di un'estenuante mediazione con il partito, il sindaco ci mette la faccia e il suo futuro politico. Questo basta e avanza per scegliere una squadra degna di questo nome; 2. La vittoria alle elezioni comunali - affermazione storica - non è il prodotto della somma dei voti di un paio di capicorrente ma il risultato di una candidatura credibile per i cittadini, gli stessi che in passato avevano premiato per un ciclo politico lunghissimo le giunte di centrosinistra; 3. Roma deve tagliare nettamente i ponti con chi pensa di far politica infischiandosene della meritocrazia, della competenza e del futuro di un Comune che ha un debito mostruoso che pesa sulle spalle delle nuove generazioni. 4. Il sistema delle aziende municipalizzate non è la prateria dove si possono fare giochetti e assunzioni ridicole sulla pelle dei contribuenti. Quella giungla va sfoltita, razionalizzata e sottratta alle ingerenze dei partiti. Questa ricchezza è dei cittadini e deve produrre servizi di qualità e - nel caso dell'Acea - utili congrui con il business e la missione aziendale; 5. La partita che si gioca nella Capitale coinvolge il futuro del centrodestra nella sua interezza. Se il Settentrione è egemonizzato dalla Lega, a Roma si possono mettere le basi per costruire il centrodestra del futuro. Alemanno è un politico attento, sono certo che troverà il giusto equilibrio tra politica e interessi dei romani. Ha tutto il diritto di aspirare a un ruolo futuro importante nel Paese e proprio per questo non deve farselo scippare o compromettere da chi ha invece l'interesse di vivacchiare e prosperare con la politica di piccolo cabotaggio. Cambi gli assessori, nomini un City Manager, parli alla città che l'ha votato e guardi al futuro. La strada del passato è già piena di fenomeni senza nome.