Scelta giusta ma sia vera svolta
Gianni Alemanno ha tirato fuori gli attributi e azzerato la sua giunta. Ha fatto bene, per me era una mossa da compiere mesi fa, quando era chiaro che il governo di Roma s’era incartato su stesso ed era necessario pigiare il tasto reset. Parliamoci chiaro, amministrare Roma è un’impresa ciclopica e si può fare in due modi: 1. infischiarsene del bilancio, accumulare debito, distribuire soldi e posti a tutti e tirare dritto di elezione in elezione; 2. provare a cambiare le cose, stringere il cordone della borsa e mettere in sicurezza i conti evitando il crac. Le giunte di centrosinistra hanno adottato il primo modello, confidando nel fatto che mai e poi mai la destra avrebbe vinto e che prima o poi tutto si sarebbe aggiustato, all’italiana. Alemanno ha cercato la seconda via, ma si è trovato di fronte a due problemi giganteschi: le condizioni disastrose del bilancio del Comune e l’incapacità dei partiti che sostenevano il sindaco di comprendere che serviva un cambio di passo e un taglio netto con le liturgie della politica politicante come, per esempio, le assunzioni di parenti e amici (in realtà pochi, ma ci sono) all’Atac e all’Ama. Questi nodi sono stati affrontati dal sindaco in due tempi. Sul piano del debito e della finanza capitolina, Alemanno è stato abile, ha lavorato bene e in un periodo di crisi e recessione economica è riuscito a strappare al governo risorse importanti per Roma. Ma sul piano dell’azione amministrativa, della rapidità della risposta, finora è mancata la visione e la capacità di far marciare la macchina del Comune con la politica. Molte colpe sono dei partiti, inutile girarci intorno, ma la resistenza della burocrazia è un altro nemico interno micidiale. Poco prima dell’estate scorsa, in una libera e franca discussione con il sindaco, gli dissi che secondo me la giunta, nonostante i suoi sforzi, per queste ragioni era da azzerare. A mio avviso il problema non riguardava i singoli assessori, ma il disegno complessivo dell’esecutivo e il rapporto con i partiti della maggioranza. Non mi fa gioire il fatto di aver avuto ragione mesi dopo, ma almeno ora si può fare un discorso serio sul futuro di Roma. Alemanno resta sindaco - con merito - tutto il resto però deve cambiare. Se il piano è quello di redistribuire le deleghe, far uscire e entrare dalla porta girevole solo qualche nome, mi dispiace, ma penso che ben poco cambierà. Se invece, come mi auguro, il sindaco metterà i partiti e le correnti guidate dai vari «er più» di fronte al fatto che non c’è trippa per gatti, allora si potrà usare la seconda parte della legislatura per mettere in cantiere le piccole e grandi opere che servono alla Capitale. Chi non ci sta, venga Alemannato a casa.