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"Così salveremo anche i colibrì"

Vittorio Sgarbi

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Pronto, parla Vittorio Sgarbi? «Sì, sono io. Sono a L'Aquila, qui è davvero una cosa incredibile». Sgarbi parla al telefonino ma viene continuamente interrotto da persone che gli chiedono di andare a visitare un altro pezzo di città. Un angolo, un incrocio, un palazzo distrutto dal sisma dell'aprile 2009. Lui si ferma, poi riprende. Alla fine riporta il telefonino all'orecchio e confessa: «Aspetti, mi infilo in un vicolo così posso parlare senza essere interrotto». Allora, com'è la situazione a L'Aquila? «Bisogna che ne parli con Letta. Lo chiamerò stasera stessa». Ne parlerà anche con Berlusconi? «Tornerò da Berlusconi, sì. Nei prossimi giorni. La vera ricchezza dell'Italia è la bellezza delle sue città. Ieri volevo parlargli di questo». Perché? Non ci è riuscito? «È successo che stavo arrivando ad Arcore...» Stava andando a trovare il premier? «Esatto. Ero riuscito a trovare un accordo con i sindacati per tenere aperti i musei statali di Venezia, dove sono sovrintendente, il primo gennaio. Dovrebbe essere una cosa normale e invece non è così. E volevo parlargli anche di un'altra cosa che dovrebbe essere ovvia e non lo è». Cioè? «A Venezia, ma non solo, ci sono vari monumenti che sono stati "impacchettati" per restauri. Ebbene, le parti esterne dovrebbero essere vendute come spazi pubblicitari solo che le grandi aziende non li hanno comprati». E allora? «Allora, visto che gli spazi sono rimasti bianchi volevo suggerire al governo di intervenire e di fare in modo di utilizzare quei grandi pannelli, nel periodo in cui sono vuoti, per pubblicizzare le mostre in corso in città. Poi, se vengono venduti, ovviamente si tolgono gli spot degli eventi culturali». Berlusconi che cosa ne pensa di queste sue idee? «Aspetti un attimo che le racconto che cosa è accaduto». Che cosa è successo? «Mentre giungevo ad Arcore mi squilla il cellulare». E chi era? «Era Stefano Rimoli, il direttore del centro serre che si trova nel castello di Miramare a Trieste. E mi racconta che i cento colibrì che sono stati donati dal Perù rischiano di sparire». Come sparire? «Sì, per un problema burocratico che non le sto a spiegare. Manca come al solito una firma, un protocollo d'intesa. Insomma sono stati dichiarati illegali ed entro lunedì devono abbandonare l'Italia. Come se fossero degli immigrati clandestini. Una cosa assurda. Così entro a Villa San Martino e comincio a raccontare subito questo episodio». E il premier? «Aspetti, ascolti. C'era la Brambilla e faccio leva sulla sua nota sensibilità animalista. Anche lei si infervora. Ma non c'è bisogno. Berlusconi si emoziona per la storia». Si emoziona? «Sì, conosce benissimo i colibrì». I colibrì? «Assolutamente. Era lui che spiegava a noi come sarebbe una tragedia se quegli uccellini venissero trasferiti. Solo per colpa del trasloco, ne morirebbe la metà perché hanno bisogno di quel particolare habitat naturale». Insomma, è ferrato sulla materia? «Certo, ferratissimo». Scusi, ma che ne sa Berlusconi dei colibrì? «Sono nella sua villa ad Antigua. Spiegava che li sente cantare ogni mattina». Ma se in quella villa dice di esserci stato una sola volta? «Vero, infatti spiegava che li sente cantare nella cornetta quando telefona laggiù. Guardi, era preparatissimo. Mi ha chiesto di chiamare subito Rimoli. L'ho fatto e gliel'ho passato. E Silvio ha assicurato che si interesserà del problema, che il centro nel castello Miramare è un'istituzione benemerita dello Stato, è un prestigio per l'Italia e che risolverà tutto, se ne occuperà personalmente». Come ha trovato il presidente del Consiglio? «Bene, in grande forma. Molto sereno. Mi ha detto che ha trascorso una sera di Capodanno inconsueta. Da solo davanti alla tv».

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