Cachemire, destra e sinistra
Il cachemire, le primarie, le elezioni anticipate, la Lega e, dulcis in fundo, Giulio Tremonti sono di destra o di sinistra? È bravo chi si raccapezza in questi primi giorni del nuovo anno sfogliando giornali cosiddetti di destra e cosiddetti di sinistra. Le cui cronache e analisi sembrano letteralmente impazzite a forza di inseguire o interpretare parole, mosse, intenzioni e quant’altro di Silvio Berlusconi, dei suoi amici, dei suoi alleati e naturalmente dei suoi avversari. Ma procediamo con ordine, si fa per dire, in questa maionese impazzita che sembra essere diventata la politica nella calza della Befana. Il cachemire, Dio buono, dovrebbe essere di destra, se fosse ancora corretto classificare a destra i ricchi e a sinistra i poveri, come facevano una volta gli ingenui o gli sprovveduti. I prezzi di questa lana pregiata sono diventati ormai proibitivi anche per i ricchi, intendendosi per tali, secondo le graduatorie fiscali fissate dall’ultimo governo di Romano Prodi, i contribuenti con un reddito annuo lordo superiore ai 75 mila euro, tassati con l’aliquota massima del 43 per cento. Lo avevano imposto i ministri prodiani dichiaratamente comunisti: quelli che avevano affisso manifesti ovunque per annunciare che con loro avrebbero finalmente «pianto anche i ricchi». Berlusconi si era permesso negli anni precedenti di fare scattare l’aliquota massima sui redditi superiori ai 100 mila euro, sempre lordi e annui. All’estero, che l’opposizione cita tanto spesso a sproposito chiedendo di adeguarvisi, la soglia era ed è ancora più alta. Di cachemire da qualche tempo preferiscono vestirsi, diciamo così, più uomini e donne di sinistra che uomini e donne di destra. Segno forse che gli uni sono diventati più ricchi degli altri, si spera senza barare troppo con il fisco, anzi senza barare per niente. Per un po’ hanno fatto notizia i capi di cachemire dell’allora segretario di Rifondazione Comunista o presidente della Camera Fausto Bertinotti, che in verità se ne scusava un po’ con l’aiuto della moglie assicurando che glieli regalavano spesso i "compagni", evidentemente in grado di spendere. Ora è diventato più di moda con il cachemire Massimo D’Alema, quando non naviga nella sua barca a vela ma passeggia ugualmente abbronzato a Sankt Moritz, la famosa e costosa località svizzera con la quale forse saranno disinvoltamente gemellate prima o poi le spiagge pugliesi di Gallipoli. Dove l’ex presidente del Consiglio viene orgogliosamente eletto da tanti anni al Parlamento. Una foto galeotta gli ha in qualche modo guastato nei giorni scorsi la vacanza e alimentato l’ironia del Cavaliere. Che D’Alema peraltro da qualche tempo vorrebbe severamente "ascoltare", per non dire peggio, davanti al comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, da lui presieduto con la consueta pignoleria. Le primarie, a differenza del cachemire, dovrebbero essere di sinistra, essendo state adottate nella pratica e poi anche nello statuto del loro principale partito dagli eredi del Pci e della sinistra democristiana. Che se ne sono a lungo vantati, un po’ richiamandosi all’esperienza americana, per quanto assai diversa dall'imitazione che ne hanno fatta loro in Italia, e un po’ contrapponendosi alle solite pratiche "padronali" o "verticistiche" di Berlusconi. Che diffida notoriamente - è vero- delle primarie prive di una precisa e garantita disciplina per la designazione dei candidati alle liste elettorali, alla guida del governo e altro ancora, preferendo occuparsi di più, a tempo e luogo debito, di quelle che con sarcasmo D’Alema chiama "secondarie". Esse altro non sono che le elezioni vere e proprie: quelle in cui non si designano i candidati, ma si eleggono sul serio i deputati, i senatori, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, i presidenti delle regioni e delle province e naturalmente il capo del governo, pur fatto salvo, in quest’ultimo caso, per ragioni di galateo istituzionale il diritto di nomina riconosciuto al capo dello Stato dall’articolo 92 della Costituzione: quella vecchia ormai di oltre sessant’anni e che l’opposizione ritiene sia ancora "la più bella del mondo", forse ancora più bella delle altissime tasse elogiate dal compianto ministro prodiano dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa con parole che poi costarono giustamente alla sua parte politica un bel po’ di voti. Ebbene, da qualche settimana il Pd di Pier Luigi Bersani è in preda alle convulsioni perché molti, a cominciare dal già citato D’Alema, dubitano che le primarie siano un affare, vista la facilità con la quale i candidati dei vertici del partito riescono a perderle a vantaggio di chi ha meno possibilità di vincere le elezioni vere contro gli avversari esterni. Nichi Vendola, per esempio, per una serie complessa di ragioni, persino psicologiche più ancora che politiche, vincerebbe le primarie a sinistra con la stessa facilità con la quale perderebbe le elezioni con il centrodestra nuovamente guidato dal Cavaliere. Che naturalmente non ha alcuna intenzione di rinunciare a correre di nuovo, specie se le elezioni fossero anticipate. E così le primarie non sono più di sinistra. O lo sono di una sinistra estrema, che non definisco radicale perché farei arrabbiare giustamente i radicali di Marco Pannella, già insofferenti per conto loro. Essi peraltro delle primarie all’italiana hanno sempre detto e scritto, a ragione, peste e corna. È tornata a farlo ultimamente Emma Bonino, vice presidente del Senato. Anche le elezioni anticipate, come il cachemire, una volta erano considerate di destra, o di destra quelli che le reclamavano. Ma da quando Berlusconi, scampato il 14 dicembre alla tagliola della sfiducia tesagli da Gianfranco Fini, si è proposto il compito di portare a termine regolarmente la legislatura allargando la sua maggioranza, le elezioni anticipate cominciano non dico a piacere, ma quasi alla sinistra. Che, spalleggiata paradossalmente dai sospetti di qualche sostenitore un po’ troppo apprensivo del Cavaliere, sta facendo in questi giorni le fusa alla Lega e al ministro dell’Economia Tremonti. Essa sogna che l’una e l’altro possano prestarsi dopo le elezioni a fare lo sgambetto a Berlusconi. E, pensando di far loro un piacere, cerca di fare dei conti, sempre con l’aiuto di qualcuno troppo in ansia sull’altra sponda, per alzare i costi finanziari di una legislatura condotta al suo epilogo naturale e sostenere - come lasciava capire ieri l’Unità - che le elezioni anticipate sarebbero anche un buon investimento economico.